Ticino e Grigionitaliano

La bellezza divina del sensibile. Intervista con Giovanni Gasparro

«Mi sono attenuto all’iconografia tradizionale per rendere Santa Monica riconoscibile ai fedeli. La mia opera ricalca le immagini devozionali comuni e le grandi opere d’arte del ›600 e ›700, penso ad esempio a Gioacchino Assereto, un grande pittore genovese di quell’epoca. La scelta è stata quella di realizzare una Santa Monica orante, visibilmente in tarda età, perchè si voleva mostrare – in accordo con i committenti – il suo atteggiamento di orazione per il figlio sant’Agostino, come se fosse una sorta di madre di tutta la comunità giovanile ospitata in quella parrocchia», racconta Giovanni Gasparro, autore del ritratto di Santa Monica che sarà svelato domenica alle 10.30 nella chiesa di Sant’Ambrogio a Barbengo. La carriera del giovane Gasparro è costellata di premi e menzioni.

Lei è un autore definito da Vittorio Sgarbi «l’ultimo caravaggesco». Da dove nasce la sua propensione per Caravaggio?

Ho una predilezione per quella che è la stagione artistica della Controriforma. I grandi maestri di quel tempo hanno in Caravaggio o in pittori a lui vicini, un riferimento imprescindibile. La tensione soprattutto per la luce che in qualche modo illumina in maniera molto netta, quasi a voler evidenziare le figure, dandole un peso piu marcato, aiuta i fedeli anche nella devozione.

Lei interviene domani anche al Clay Pub a Pregassona il 1 dicembre alle 17,30 per un incontro culturale sulla divino-umanità di Cristo, un tema che lei rappresenta nella sua arte. Come?

Mi rifaccio alla grande tradizione tomista che ha forgiato la teologia cattolica, quindi al fatto che in maniera inevitabile attraverso i sensi l’uomo possa accedere alla conoscenza del divino e accettarla nelle verità di fede. Questa scelta artistica la Chiesa la compie a partire dalla Controriforma: mostrare le figure in maniera realistica, dunque in modo figurativo. Secondo me, questo è l’unico modo in cui il fedele puo conoscere e capire le figure dell’arte sacra e questa è la tradizione pittorica che rende maggiormente comprensibile il dogma dell’incarnazione di Cristo in un corpo reale, pur mantenendo la natura divina.

In diverse sue opere, lei ritrae personaggi con più mani o con più espressioni dello stesso volto. Qual è il senso e perchè questa scelta?

Mi interessa la multiformità dell’espressione umana: quindi lo stesso soggetto mi interessa indagarlo nei suoi aspetti piu disparati. Anche in questo ho trovato delle rispondenze iconografiche con opere del passato, soprattutto di area fiorentina e fiamminga del ›400, perché si dipingevano queste immagini della passione di Cristo, con queste mani svincolate dai corpi che reggevano gli strumenti della passione. MI è servito come pretesto iconografico per ricavarlo nella contemporaneità.

La bellezza aiuta l’apertura ad un senso della vita?

La storia lo ha dimostrato: sia la musica che le arti figurative sono importanti per la formazione di una sensibilità nei giovani, anche quando ne ignorano completamente l’esistenza. La sfida è di porre e proporre loro l’incontro con la bellezza, le arti. Quindi benvenga che possano avere questa occasione anche a Barbengo.

Cristina Vonzun

30 Novembre 2019 | 17:15
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Condividere questo articolo!