Papa e Vaticano

Intervista ai produttori di «Francesco. Un uomo di parola»

Samanta Gandolfi Branca Lo Monaco gestisce assieme al marito – entrambi risiedenti in Ticino – la Cèlestes Images, una società di produzione cinematografica indipendente, il cui intento è quello di promuovere lungometraggi, documentari e film d’animazione, realizzati da talenti singolari in grado di risvegliare propositi umanitari, con particolare enfasi sull’ambiente e sulla comunità. La Cèlestes Images è produttrice di Francesco. Un uomo di parola, uscito lo scorso anno, e del docufilm del 2015 sulla Guardia Svizzera pontificia L’esercito più piccolo del mondo.

«Curiamo tutto – ci rivela – nei minimi dettagli: la scelta del soggetto, della sceneggiatura, del regista e degli addetti ai lavori; oltre a calcolare i costi di tutte le operazioni necessarie per portare il film sullo schermo, ci occupiamo del finanziamento dell’impresa, che può essere fornito da uno o più finanziatori. Organizziamo anche il lavoro della troupe nei luoghi prescelti, nonché la realizzazione dell’apparato scenico fino all’ottenimento del prodotto finale pronto per essere distribuito».

E tra i film da poco finanziati c’è proprio Francesco. Un uomo di parola, uscito nel 2018. Come è nata l’idea in questo caso?

«L’idea era quella di finanziare un film che potesse in qualche modo contribuire a supportare il Santo Padre a diffondere globalmente i suoi preziosi messaggi, in un mondo assetato di valori. Affinché il progetto andasse a buon fine, abbiamo coinvolto Wim Wenders e altri co-produttori affinché si concretizzasse il progetto».

Chi è Papa Francesco per voi? «Francesco è colui che è stato in grado di creare, da solo, una sorta di rivoluzione epocale per le istituzioni e per la società a lui contemporanea che arriva fino ai giorni nostri, attraverso un forma di comunicazione differente e rivoluzionaria, verbale e non verbale molto semplice e determinata. Un altro elemento importante e attuale è l’ascolto inteso non solo come supporto nei confronti dei disagiati ma anche dei fratelli, del popolo delle istituzioni ecclesiastiche e dell’intero creato».

Avete avuto qualche difficoltà? «Purtroppo, in alcune zone colpite dagli scandali sugli abusi, penso soprattutto all’America, la distribuzione del film è stata rallentata».

Avete anche incontrato per ben due volte Papa Francesco…

«Abbiamo sempre incontrato il Papa in Vaticano, in quattro posti diversi: dopo aver allestito il set arrivava all’orario prestabilito, salutava tutti, sempre, dal primo all’ultimo presente, si sedeva, rispondeva alle domande, risalutava tutti e se ne andava. Un sorta di tête-à-tête tra i presenti e Wim Wenders. Per noi è stato un momento davvero speciale, un’emozione molto forte. Penso anche un’intervista che abbiamo dovuto fargli per il film. Era arrabbiato, ci hanno spiegato, non tanto per le domande poste, ma per i temi che le domande toccavano, per il pensiero che determinate cose fossero successe nella Chiesa. Alla fine ha voluto dirci che secondo lui con il nostro lavoro stavamo raccogliendo e seminando semi che avrebbero prodotto alberi, fiori e frutta, se li avessimo utilizzate bene».

Progetti per il futuro della Cèlestes Images? «Abbiamo altri progetti, attualmente stiamo producendo un documentario incentrato sulla figura di un noto architetto storico ticinese, ed altri con Vatican Media».

Ma, prima, di lasciarci, un’altra curiosità: siete anche i produttori de L’Esercito più piccolo del mondo. La Guardia Svizzera al tempo di Papa Francesco, docufilm di successo sulla Guardia Svizzera Pontificia del 2015…

«Sì, entrare in Vaticano per realizzare un «dietro le quinte» della Guardia Svizzera è stato un grande privilegio per tutti noi. La nostra avventura nello Stato della Chiesa è durata all’incirca un anno ed è stata appassionante e rivelatrice del clima realmente nuovo creato da Papa Francesco. Il regista ha scelto di avere uno sguardo laico e al tempo stesso lontano dalla facile retorica della rappresentazione, ha voluto raccontare un pezzo importante della Chiesa cattolica partendo volutamente dal basso, scegliendo due giovani reclute provenienti dalla Svizzera più profonda, Leo e René.»

Laura Quadri

17 Maggio 2019 | 11:10
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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