Ticino e Grigionitaliano

Il tesoro cappuccino del Santuario di Orselina disvela le sue rarità secolari

Uno «scrigno» che disvela i suoi segreti: 12’136 titoli in tutto, per un totale di oltre 15’000 libri. È la biblioteca del convento cappuccino della Madonna del Sasso, di cui oggi possediamo i dati grazie ad un progetto di catalogazione presentato mercoledì scorso, dopo 8 anni di lavoro: mentre a promuoverlo è stata l’Associazione Pro Restauro Sacro Monte di Orselina – con la collaborazione dei Cappuccini della Svizzera italiana e il sostegno finanziario del Cantone – la realizzazione è stata affidata al Centro di Competenza per il libro antico della Biblioteca Salita dei Frati di Lugano. Vi hanno lavorato, in modalità e tempi differenti,per il_Centro, Luciana Pedroia, Jean-Claude Lechner, Roberto Garavaglia, Davide Dellamonica e Laura Luraschi. Con la dott.ssa Luraschi approfondiamo alcuni aspetti del progetto.

Partiamo dall’inizio: qual è lo scopo di una catalogazione?
«Gli aspetti fondamentali che ne giustificano l’importanza sono tre: quello della tutela, quello della conoscenza e quello della valorizzazione. Una catalogazione digitale secondo i più moderni criteri catalografici, come è stato il caso di questo progetto, permette di garantire fin da subito i primi due aspetti citati: la tutela, che può avvenire solo sulla base della consapevolezza di quanto deve essere preservato, mentre la conoscenza di quanto è posseduto permette di indagare il fondo librario per comprenderlo nella sua storia e nei suoi aspetti culturali. Per valorizzarlo bisogna poi coinvolgere le comunità all’interno delle quali queste raccolte librarie antiche si sono costituite. Questo favorisce l’attaccamento della popolazione ai propri beni culturali, e successivamente consente di rivolgersi ad un pubblico più specialistico attraverso la promozione scientifica: penso alle banche dati nazionali e internazionali che si occupano di volumi antichi come e-rara, Material evidence of incunabula e Fragmentarium, per citare quelle con cui collaboriamo».

Il progetto messo in atto alla Madonna del Sasso termina due anni dopo la catalogazione digitale del fondo librario del Bigorio…

«Nel Cantone Ticino, fino al 2014, erano cinque i Conventi cappuccini abitati: quello di Lugano con la biblioteca più grande, che è stata aperta al pubblico nel 1980 e che continua ad essere accessibile, anche dopo la chiusura del convento, grazie all’Associazione Biblioteca Salita dei Frati; quello di Bellinzona, che non conserva però una biblioteca antica; il Convento di Bigorio; quello della Madonna del Sasso a Orselina e il Convento di Faido. Fin dagli anni ›90 del secolo scorso ci si era resi conto che le biblioteche di questi tre ultimi conventi, seppur non aperte al pubblico, dovessero essere catalogate per favorirne la tutela. La Biblioteca Salita dei Frati, grazie ad una struttura consolidata negli anni e ad una crescita di competenze nell’ambito del libro antico, ha promosso questi progetti: il processo è stato lungo, soprattutto a causa della mancanza di risorse finanziarie, ma favorito infine dalla collaborazione con le Associazioni di riferimento dei Conventi. Un ultimo progetto è pronto nel cassetto: il convento di Faido conserva infatti una biblioteca molto ricca ma ancora sconosciuta».

Laura Luraschi a sinistra e Luciana Pedroia.

Avete notato l’interesse dei frati per un argomento specifico?

«Al termine dalla catalogazione le statistiche dicono che più del 60% dei libri sono di argomento religioso, ma sono anche ben rappresentate (soprattutto nei libri del Novecento), le letterature e la storia. Se invece si considerano unicamente i volumi più antichi, la tematica religiosa è ancora più rappresentata. Le biblioteche come questa conservano molti testi per la predicazione e la catechesi: i frati ordinati al ministero sacerdotale avevano bisogno di strumenti che fornissero le basi per la celebrazione della liturgia».

Può citarmi un libro tipicamente francescano conservato nella biblioteca?

«Un titolo che viene subito alla mente è il Liber conformitatum, scritto a fine ›300 da Bartolomeo da Pisa. Il testo mette in relazione tramite parallelismi (le cosiddette conformità) le vite di Cristo e di San Francesco. Le biblioteche francescane e cappuccine presenti nei conventi fin dalle origini dovevano rispondere ad un obiettivo molto chiaro: quello di offrire materiale che fosse utile alla crescita spirituale e alla devozione da un lato, e alla predicazione e catechesi dall’altro. Questo volume, che rientra nella prima categoria, era un libro prescritto nelle biblioteche cappuccine; lo ritroviamo infatti, in altre edizioni, sia nei conventi di Lugano che di Bigorio. La biblioteca del Convento di Orselina conserva un esemplare della terza edizione, quella del 1590».


Qual è stato il ruolo di padre Giovanni Pozzi nell’accrescimento della biblioteca?

«Il nome di padre Giovanni è giustamente ricordato. Si pensi che il primo studio sulla biblioteca del Santuario è stato pubblicato nel 1980 proprio dal noto studioso con padre Ugo Orelli all’interno dell’opera collettiva per celebrare i 500 anni dall’apparizione a Bartolomeo di Ivrea della Madonna. Il titolo è Vecchi cataloghi e vecchi fondi librari al Sasso. È un’opera fondamentale che ha fornito delle basi solide e chiare da cui è poi partito il nostro lavoro di catalogazione. Ma al di là dello studio puntuale padre Pozzi è stato un motore inesauribile che ancora oggi alimenta i nuovi progetti del Centro di competenza per il libro antico della Biblioteca Salita dei Frati».


Un capitolo interessante della storia di questa Biblioteca è l’Ottocento…

«Le date fondamentali sono quelle del quadriennio 1848-1852, e il 1890. A metà Ottocento, tra Locarno e Orselina gli antichi conventi dei minori conventuali di S. Francesco e della Madonna del Sasso, come pure il convento cappuccino locarnese di S. Rocco, furono chiusi per decisione governativa e i libri, per la maggior parte, furono incamerati dallo Stato per formare i nuclei delle prime biblioteche cantonali e scolastiche. Solo successivamente, più precisamente nel 1890, i Cappuccini, che non poterono essere espulsi dal territorio e che nel 1852 erano stati trasferiti da Locarno al Santuario di Orselina, si fecero proattivi con le autorità cantonali chiedendo la restituzione della maggior parte di quanto era andato disperso a metà Ottocento. I frati cappuccini poterono così recuperare non solo alcuni dei volumi di loro proprietà che da San Rocco erano stati trasferiti alla Scuola tecnica, ma anche i volumi, almeno quelli di argomento religioso, che erano appartenuti ai conventuali, che invece avevano subito un destino ben più amaro, essendo stati espulsi dal Cantone».

Perché uno dei vostri prossimi progetti è studiare i frammenti manoscritti medievali riutilizzati nelle legature?

«Il numero di codici medievali conservato nel Cantone risulta essere decisamente esiguo. Le cause sono forse da ricercare, da un lato, nell’appartenenza politica e sociale di questa zona, nei secoli passati, all’area lombarda per cui gran parte della documentazione è conservata oltre confine, dall’altro, nella poca estensione del territorio, che, da un punto di vista quantitativo, ha prodotto meno materiali. Inventariati durante la fase di catalogazione, ora, questi volumi con frammenti riutilizzati nelle legature (alcune presumibilmente confezionate a Locarno), sono oggetto di un progetto del Centro di competenza per il libro antico denominato Ticinensia disiecta, ospitato dalla banca dati dell’Università di Friburgo Fragmentarium».

Laura Quadri

3 Ottobre 2021 | 07:30
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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