Internazionale

Il Papa in Mozambico, dove la pace resiste anche grazie alla mediazione della Chiesa

Francesco torna in Africa dopo il viaggio del 2015 che lo portò nella martoriata Repubblica Centrafricana, in Kenya e Uganda. Le tappe della visita che inizia martedì sono Mozambico, Madagascar e Maurizio. Il Mozambico è un Paese atteso al varco di prossime elezioni politiche e appena uscito da un delicato periodo di conflitto interno, culminato con gli accordi di pace firmati lo scorso 7 agosto 2019. Nella storia recente del Paese, per la firma di questi accordi è stato nuovamente decisivo il ruolo della Chiesa cattolica, che tanto è una realtà di minoranza (il 28% della popolazione), quanto sa essere una voce importante nel guidare i processi di pace interni all’ex colonia portoghese. Per capire, infatti, cosa accade oggi in Mozambico e qual è il senso della visita di Francesco bisogna ripercorrere la storia recente del Paese, scosso dall’anno dell’indipendenza (1975) dal dramma della guerra civile, con un conflitto durato 17 anni, che provocò la morte di centinaia di migliaia di persone ed oltre 4 milioni di sfollati e profughi. Nel conflitto si opponevano due forze: la Renamo (resistenza nazionale mozambicana) di ispirazione conservatrice e il Frelimo, una forza di sinistra. Oggi come allora sono sempre questi i due partiti che si contendono il potere nel Paese e come allora è il Frelimo a prevalere. Il 4 ottobre del 1992, dopo anni di guerriglia, venne firmato a Roma uno storico accordo di pace. L’intesa fu il risultato di un lungo processo negoziale portato avanti da una comunità cattolica esperta in opere di pacificazione: la Comunità di Sant’Egidio. Nel 1994, il Paese africano affrontò le elezioni libere, primo importante passo verso un processo di normalizzazione che, negli anni seguenti, portò anche a conseguire una crescita economica e sociale. Tra il 2013 e il 2016 però la pace in Mozambico si è nuovamente interrotta con una serie di scontri armati. In particolare, il periodo successivo alle elezioni del 2014 è stato segnato da forti tensioni e da episodi di violenza. La Renamo contestava infatti i risultati elettorali, rivendicando la vittoria in sei province. Dopo un complesso processo negoziale si è arrivati, lo scorso 7 agosto, ad un accordo di riconciliazione che ha fissato le regole per la smilitarizzazione, il disarmo e la reintegrazione dei combattenti della Renamo. Di nuovo, in occasione di questo secondo importante processo di pace, il ruolo di mediazione della comunità cattolica di Sant’Egidio è stato ancora presente, tanto che alla firma degli accordi di pace del 7 agosto era presente una delegazione della comunità pubblicamente ringraziata dal presidente del Mozambico

La firma di Pace. Per la comunità Sant’Egidio è presente anche mons. Zuppi, arcivescovo di Bologna (ultimo a destra nella foto).

Il Papa arriva quindi in un Paese che ha della Chiesa cattolica e della sua opera di pacificazione un rispetto altissimo. Bergoglio però troverà una terra instabile e fragile, alla vigilia di nuove elezioni politiche e minacciata dalla recente scoperta di importanti giacimenti di gas naturali nella regione settentrionale del Paese che stanno attirando potenze straniere senza scrupoli, al punto da mettere in pericolo la stabilità interna del Mozambico. Così, negli ultimi mesi, si sono registrati diversi episodi di violenza. I responsabili, secondo più fonti, sono combattenti islamisti radicali appartenenti al gruppo Shebabs e provenienti dall’estero. La missione del Papa quindi, in una terra dove musulmani (2% della popolazione) e cristiani (38% di cui 28% cattolici) hanno sempre convissuto pacificamente insieme ai credenti delle religioni tradizionaliste che sono la maggioranza, è quella di puntare su una riconciliazione politica e civile forte che sappia opporsi anche a qualsiasi deriva fondamentalista, fomentata dall’estero.

Sull’importanza anche della mediazione svizzera  nel processo di pace in Mozambico leggi questo contributo

Cristina Vonzun

2 Settembre 2019 | 18:00
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