Il Papa ai giovani: «Andate con Cristo nei luoghi dove si soffre»

Sono oltre settantamila i giovani arrivati da tutta Italia (anche alcuni dal Ticino) al Circo Massimo per incontrare il Papa in vista del Sinodo di ottobre. «Per mille strade, verso Roma», è il tema delle giornate di oggi e domani promosse dai vescovi italiani in vista del Sinodo di ottobre dedicato alle nuove generazioni. Il Papa li ha incontrati questa sera, sabato 11 agosto in una veglia divisa in una prima parte dedicata al dialogo tra alcuni giovani e Francesco e una seconda parte di liturgia della Parola, durante la quale il Santo Padre ha pronunciato un’ omelia. Nel dialogo con i ragazzi il Papa ha indicato San Francesco, un giovane capace di sognare e che ha avuto il coraggio di non rinunciare a seguire il suo cuore nel cuore della Chiesa ed ha invitato a respingere ogni tentazione di clericalismo. Il Papa ha esortato i giovani ad essere testimoni, «senza testimonianza la Chiesa è solo fumo», ha detto Francesco. Dal Papa è pure arrivato un appello all’amore vero e fedele tra due giovani. Il dialogo è proseguito su altri temi che qui si possono leggere
Dopo la veglia col Papa seguirà uno spettacolo al Circo Massimo, poi diversi incontri di preghiera nelle chiese di Roma accompagneranno il pellegrinaggio dei ragazzi verso piazza San Pietro. Domani, dalle 9,30 nuovo collegamento per la Messa presieduta dal cardinale Bassetti, mentre il Papa guiderà l’Angelus alle 12.  L’omelia del Papa di questa sera alla veglia al Circo Massimo:
«Cari giovani,
grazie per questo incontro di preghiera, in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi. Vi ringrazio anche perché questo appuntamento è stato preceduto da un intreccio di tanti cammini sui quali vi siete fatti pellegrini, insieme ai vostri vescovi e sacerdoti, percorrendo strade e sentieri d’Italia, in mezzo ai tesori di cultura e di fede che i vostri padri hanno lasciato in eredità.

Avete attraversato i luoghi dove la gente vive e lavora, ricchi di vitalità e segnati da fatiche, nelle città come nei paesi e nelle borgate sperdute. Spero che abbiate respirato a fondo le gioie e le difficoltà, la vita e la fede del popolo italiano.
Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Gv 20,1-8), Giovanni ci racconta quella mattina inimmaginabile che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità. Alle prime luci dell’alba del giorno dopo il sabato, attorno alla tomba di Gesù tutti si mettono a correre. Maria di Magdala corre ad avvisare i discepoli; Pietro e Giovanni corrono verso il sepolcro… Tutti corrono, tutti sentono l’urgenza di muoversi: non c’è tempo da perdere, bisogna affrettarsi… Come aveva fatto Maria – ricordate? – appena concepito Gesù, per andare ad aiutare Elisabetta.
Abbiamo tanti motivi per correre: spesso solo perché ci sono tante cose da fare e il tempo non basta mai. A volte ci affrettiamo perché ci attira qualcosa di nuovo, di bello, di interessante. A volte, al contrario, si corre per scappare da una minaccia, da un pericolo…
I discepoli di Gesù corrono perché hanno ricevuto la notizia che il corpo di Gesù è sparito dalla tomba. I cuori di Maria di Magdala, di Simon Pietro, di Giovanni sono pieni d’amore e battono all’impazzata dopo il distacco che sembrava definitivo. Forse si riaccende in loro la speranza di rivedere il volto del Signore! Come in quel primo giorno quando aveva promesso: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Chi corre più forte è Giovanni, certamente perché è più giovane, ma anche perché non ha smesso di sperare dopo aver visto coi suoi occhi Gesù morire in croce; e poi perché stando vicino a Maria, la Madre, è stato «contagiato» dalla sua fede. (…)
Da quella mattina, cari giovani, la storia non è più la stessa. (…) L’ora in cui la morte sembrava trionfare, in realtà si rivela l’ora della sua sconfitta. Nemmeno quel pesante macigno, messo davanti al sepolcro, ha potuto resistere.

E da quell’alba del primo giorno dopo il sabato, ogni luogo in cui la vita è oppressa, ogni spazio in cui dominano violenza, guerra, miseria, là dove l’uomo è umiliato e calpestato, in quel luogo può ancora riaccendersi una speranza di vita.

Cari amici, vi siete messi in cammino e siete venuti a questo appuntamento. E ora la mia gioia è sentire che i vostri cuori battono d’amore per Gesù, come quelli di Maria Maddalena, di Pietro, di Giovanni. E poiché siete giovani, io, come Pietro, sono felice di vedervi correre più veloci, come Giovanni, spinti dall’impulso del vostro cuore, sensibile alla voce dello Spirito che anima i vostri sogni. Per questo vi dico: non accontentatevi del passo prudente di chi si accoda in fondo alla fila.

Ci vuole il coraggio di rischiare un salto in avanti, un balzo audace e temerario per sognare e realizzare come Gesù il Regno di Dio, e impegnarvi per un’umanità più fraterna. (…) 

Sarò felice di vedervi correre più forte di chi nella Chiesa è un po’ lento e timoroso, attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti.

La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. (…) E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci, come Giovanni aspettò Pietro davanti al sepolcro vuoto.
Camminando insieme, in questi giorni, avete sperimentato quanto costa fatica accogliere il fratello o la sorella che mi sta accanto, ma anche quanta gioia può darmi la sua presenza se la ricevo nella mia vita senza pregiudizi e chiusure. Camminare soli permette di essere svincolati da tutto, ma camminare insieme ci fa diventare un popolo, il popolo di Dio. E questo dà sicurezza: la sicurezza dell’appartenenza al popolo di Dio… E col popolo di Dio ti senti sicuro, (…) hai identità. Dice un proverbio africano: «Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno».

Il Vangelo dice che Pietro entrò per primo nel sepolcro e vide i teli per terra e il sudario avvolto in un luogo a parte. Poi entrò anche l’altro discepolo, il quale «vide e credette» (v. 8). È molto importante questa coppia di verbi: vedere e credere. In tutto il Vangelo di Giovanni si narra che i discepoli vedendo i segni che Gesù compiva credettero in Lui. Di quali segni si tratta? Dell’acqua trasformata in vino per le nozze; di alcuni malati guariti; di un cieco nato che acquista la vista; di una grande folla saziata con cinque pani e due pesci; della risurrezione dell’amico Lazzaro, morto da quattro giorni. In tutti questi segni Gesù rivela il volto invisibile di Dio.
Non è la rappresentazione della sublime perfezione divina, quella che traspare dai segni di Gesù, ma il racconto della fragilità umana che incontra la Grazia che risolleva. (…) Nella narrazione di Giovanni c’è l’umanità ferita che viene risanata dall’incontro con il Maestro; c’è l’uomo caduto che trova una mano tesa alla quale aggrapparsi; c’è lo smarrimento degli sconfitti che scoprono una speranza di riscatto. E Giovanni, quando entra nel sepolcro di Gesù, porta negli occhi e nel cuore quei segni compiuti da Lui immergendosi nel dramma umano per risollevarlo. Gesù Cristo non è un eroe immune dalla morte, ma Colui che la trasforma con il dono della sua vita. E quel lenzuolo piegato con cura dice che non ne avrà più bisogno: la morte non ha più alcun potere su di Lui.

Cari giovani, è possibile incontrare la Vita nei luoghi dove regna la morte? Verrebbe da rispondere di no, che è meglio stare alla larga. Eppure questa è la novità rivoluzionaria del Vangelo: il sepolcro vuoto di Cristo diventa l’ultimo segno in cui risplende la vittoria definitiva della Vita. E allora non abbiamo paura! Non stiamo alla larga dai luoghi di sofferenza, di sconfitta, di morte. Dio ci ha dato una potenza più grande di tutte le ingiustizie e le fragilità della storia: (…) Gesù ha vinto la morte dando la sua vita per noi. E ci manda ad annunciare ai nostri fratelli che Lui è il Risorto, è il Signore, e ci dona il suo Spirito per seminare con Lui il Regno di Dio nel mondo. (…)
Quanti sepolcri oggi attendono la nostra visita! Quante persone ferite, anche giovani, hanno sigillato la loro sofferenza «mettendoci – come si dice – una pietra sopra». Con la forza dello Spirito e la Parola di Gesù possiamo spostare quei macigni e far entrare raggi di luce in quegli anfratti di tenebre.
E’ stato bello e faticoso il cammino per venire a Roma; (…) ma altrettanto bello e impegnativo sarà il cammino del ritorno alle vostre case, ai vostri paesi e alle vostre comunità. Percorretelo con la fiducia e l’energia di Giovanni, il «discepolo amato». Sì, il segreto è tutto lì, nell’essere e nel sapere di essere «amato», «amata» da Lui, Gesù, il Signore! (…) Allora la vita diventa una corsa buona, senza ansia, senza paura. (…) Una corsa verso Gesù e verso i fratelli, col cuore pieno di amore, di fede e di gioia. Andate così!»

12 Agosto 2018 | 13:27
Tempo di lettura: ca. 5 min.
giovani (724), gmg (151), Papa (1254)
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