Ticino e Grigionitaliano

Francesco, il Papa della riforma?

a cura di Ernesto Borghi

La sera del 13 marzo 2013 Jorge Mario Bergoglio si presentò al mondo come nuovo vescovo di Roma. Anche oggi si può affermare che il conclave operò una scelta provvidenziale, resa possibile da quella precedente delle dimissioni di Benedetto XVI. Per contribuire alla riflessione sui dieci anni del pontificato bergogliano, senza avere alcuna pretesa valutativa globale, la rivista ticinese «Dialoghi», giunta al suo cinquantacinquesimo anno di esistenza, pubblicherà nel n. 273 (in uscita il prossimo 20 marzo) un estratto del documentatissimo ed efficace volume di Franco Ferrari, giornalista e presidente della Rete italiana «Viandanti» (www.viandanti.org) intitolato «Francesco il papa della riforma. La conversione non può lasciare le cose come stanno» (Paoline, Milano 2020, pp. 229-242)[1]. Ne anticipiamo qui alcune osservazioni conclusive, rinviando al periodico di prossima pubblicazione la lettura completa dell’articolo e di altri contributi concernenti interessanti temi analoghi.

Il futuro della riforma[2]

La maggioranza silenziosa. Più delle opposizioni che abbiamo esaminato nelle pagine precedenti il nemico della riforma è la maggioranza silenziosa. Si tratta di quella parte di religiosi, clero e gerarchia che resta in silenzio, sostanzialmente prosegue come prima e secondo la strategia del giunco aspetta che la piena passi. C’è poi il mondo dei battezzati-laici e delle associazioni ufficiali che inspiegabilmente tace, forse pensando (con un residuo di mentalità clericale) che basti l’azione del Papa per la riforma.

Le prese di posizione di gruppi minoritari per quanto encomiabili non sono sufficientemente significative, inoltre mancando luoghi per un confronto vero a livello delle comunità, utilizzano strumenti (raccolta firme, documenti, …) in parte usurati, in parte sempre accolti con pregiudizio dai destinatari.

Eppure sono i laici che Francesco chiama costantemente in causa e ai quali ha anche chiesto con la «Lettera al Popolo di Dio» un aiuto per combattere la piaga della pedofilia. Evidentemente i guasti del clericalismo sono più ampi di quanto si pensi. Qui sta la vera solitudine del Papa.

Le questioni aperte. Vi sono poi alcuni processi avviati che per varie ragioni potrebbero interrompersi, ad esempio: il contrasto agli abusi sui minori, il dialogo ecumenico e interreligioso (in particolare con l’Islam), il decentramento, la messa a regime della riforma degli enti economico-finanziari (Ior, Aspa, Aif, …), gli incontri dei Movimenti popolari e lo stesso Consiglio di Cardinali.

Le questioni in lista d’attesa. L’azione riformatrice di Francesco ha affrontato in termini di principio questioni urgenti sul piano pastorale (famiglia, giovani, Amazzonia[3]) e in termini anche pratici il piano delle strutture (organismi economici e Curia), ma sullo sfondo restano molte e delicate questioni che non potranno essere procrastinate a lungo e che rientrano nella logica della riforma bergogliana. Pensiamo ad alcune di queste, che tra l’altro sono discusse a fondo in sinodi delle Chiese locali, ad esempio nella Chiesa cattolica in Germania.

  • La figura del presbitero (sembra fosse il tema preferito da Francesco per il Sinodo del 2018), in relazione alla sua formazione, alla «legge» ecclesiastica del celibato, al suo ruolo nella comunità e in rapporto alla ministerialità laicale.
  • La posizione della donna nella Chiesa cattolica, la sua ministerialità, i ruoli di responsabilità che dovrebbe rivestire.
  • La riforma degli organi di partecipazione (consigli pastorali, affari economici, sinodi romani e locali) per l’attribuzione di autentica responsabilità ai battezzati-laici.
  • La parrocchia che non è considerata «una struttura caduca», ma che difficilmente si può ritenere strumento adeguato alla richiesta della conversione missionaria e soprattutto adeguata all’indicazione di essere una «comunità di comunità» (EG, 28).
  • L’inculturazione del Vangelo e della Chiesa (basta guardare alle questioni sorte durante il Sinodo per l’Amazzonia): si tratta di un tema che sta al centro della conversione pastorale e missionaria. Il mandato missionario richiede di portare il Vangelo a tutti i popoli e secondo l’indicazione dell’apostolo Paolo occorrerebbe «farsi giudeo con i giudei e greco con i greci». Il tema che si ripropone è se vi siano più categorie di pensiero con le quali si può trasmettere il Vangelo o se esse debbano essere solo quelle col quale è arrivato a noi attraverso la cultura greco-romana. E la questione si pone anche nel confronto con le categorie del pensiero moderno e contemporaneo. Qui sta anche la causa delle difficoltà della trasmissione dei contenuti della fede alle giovani generazioni.
  • Infine, la questione delle questioni, se così si può dire, che si è ripresentata nel dibattito degli ultimi sinodi, cioè il rapporto tra dottrina e pastorale; se la pastorale è la traduzione pedagogica della dottrina, il suo aggiornamento quali punti della dottrina va a toccare? E questi come andrebbero reinterpretati? Il tema dello «sviluppo organico» della dottrina difficilmente potrà essere eluso.

Non perdere il gusto di sognare

La vera questione non sembra dunque il futuro della riforma, ma l’eccedenza dei temi che occorrerebbe affrontare per portarla a termine, o per mantenerla viva perché Ecclesia semper reformanda. La Chiesa cattolica ha una tale urgenza di riforme che l’agenda delle questioni da affrontare eccede forse l’attuale pontificato.

Allora, può essere utile accogliere una sollecitazione di Francesco, espressa in una delle omelie di santa Marta: non bisogna «perdere la capacità di sognare, perché sognare è aprire le porte al futuro. Essere fecondi nel futuro»[4].

Questa «fecondità nel futuro» ce la offre il sogno di Carlo Maria Martini. Nel lontano 1999, alla seconda Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi, il cardinale Martini aveva presentato ai padri sinodali tre sogni, nel terzo proponeva un elenco di «punti caldi», che via via si ripresentano nel cammino in particolare della Chiesa cattolica, sui quali sarebbe utile «ripetere ogni tanto un’esperienza di confronto universale tra i Vescovi». Un sogno che provocò, come sempre accade per i sogni, una difficoltà di interpretazione. Ma la mente corse allora e corre ancora oggi al Concilio che è un confronto universale tra i vescovi[5].

Francesco per implementare la riforma ha scelto lo strumento della sinodalità, facendo nel 2018 una significativa riforma del Sinodo dei vescovi (Costituzione Episcopalis communio) del quale viene rafforzata l’autorità magisteriale. Il sinodo è uno strumento indubbiamente più agile rispetto ad un concilio e può essere investito rapidamente delle problematiche che richiedono un aggiornamento. Ma proprio per l’eccedenza delle questioni, più sopra elencate, non è fuori luogo sognare anche lo strumento della conciliarità[6]. Non si tratta, infatti, solo di un’eccedenza quantitativa, lo spessore di certe questioni va a toccare nodi che richiedono una sede deliberativa più alta e partecipata.  

I segni dei tempi della società della tecnologia e della mediatizzazione, come i segni dei tempi che riguardano la Chiesa cattolica (soprattutto l’inadeguatezza di un linguaggio – dalla liturgia ai contenuti della catechesi – che non sembra più capace di trasmettere i contenuti la fede) potrebbero consigliare proprio il ricorso alla conciliarità.

Perciò, il riprendere il sogno di Martini per far proseguire il cammino della Chiesa cattolica più speditamente potrebbe essere utile. E un Concilio ancor più non potrà «lasciare le cose come stanno».


[1] EB: In alcune note a pie’ di pagina sarà segnalato anche nella pubblicazione completa dell’articolo qualche sviluppo imprevedibile in un libro pubblicato nei primi mesi del 2020. «Dialoghi», rivista trimestrale di approfondimento su temi religiosi e socio-culturali, è stata fondata nel 1968 e da allora ha sempre cercato di fornire un contributo di riflessione divulgativa documentato e stimolante su molti argomenti di carattere ecclesiale, culturale, sociale e politico. Per informazioni sulla rivista magari anche in vista di un possibile abbonamento si visiti il sito www.dialoghi.ch e si contattino i capo-redattori, ossia Margherita Noseda (margherita.noseda@gmail.com) e/o Alberto Bondolfi (alberto.bondolfi@unige.ch).

[2] EB: il tempo trascorso tra la data di pubblicazione di questo volume di Ferrari e l’attualità di queste settimane del marzo 2023 non ha reso certo superate le esigenze e prospettive di riforma avviate o evocate da papa Francesco, anzi le ha rese spesso sempre più urgenti.

[3] EB: L’esortazione postsinodale Querida Amazonia, pubblicata quando il libro di Ferrari era già stata chiuso, non ha dato seguito concreto a molte importanti esigenze, a cominciare dall’ordinazione presbiterale dei viri probati, mentre l’accesso delle donne a lettorato ed accolitato è divenuto realtà (cfr. Motu proprio «Spiritus Domini» – 11 gennaio 2021).

[4] Francesco, Meditazione mattutina nella cappella di santa Marta, 18 dicembre 2018.

[5] Tra l’altro Martini in una intervista del 2011 nel programma televisivo «La Chiesa nel mondo» ne suggeriva una convocazione periodica, ipotizzando «ogni vent’anni» (cfr. A. Zaccuri, I 50 anni del Concilio nello sguardo della tv, in Avvenire, 19 settembre 2012).

[6] Sullo strumento Concilio non tutti concordano in quanto si dice, fidandosi poco dello Spirito santo, che un orientamento conservatore dell’episcopato non consentirebbe nessun progresso. Se così fosse, Giovanni XXIII non avrebbe mai dovuto convocare il Concilio visto che l’episcopato che chiamava a Roma era di nomina pacelliana o di suoi predecessori.

13 Marzo 2023 | 15:12
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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