Nuovo rapporto ACN sulla libertà religiosa: la situazione sta peggiorando in molti Paesi!

Dal 1999 «Aiuto alla Chiesa che Soffre» (ACN) si impegna in favore della libertà religiosa, pubblicando, ogni due anni, un rapporto sullo stato del rispetto di questo diritto, in tutti i Paesi del mondo. Questo rapporto si fonda sull’esperienza che ACN ha acquistato sul terreno, ormai da molti decenni. La nostra organizzazione è presente in oltre 150 Paesi, con un’attenzione particolare ai contesti di guerra o di povertà estrema. Il nostro mandato -sostenere i cristiani vittime d’ingiustizie sociali, politiche ed economiche- implica che i nostri collaboratori si rechino di persona in regioni per lo più di difficile accesso. L’impegno di ACN, ben inteso, include la difesa e la promozione di questo diritto per tutte le persone, non importa a che fede appartengano, perché tutti possano beneficiare della libertà di coscienza e – secondo l’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo- praticare e manifestare pubblicamente la propria religione… addirittura cambiandola, se lo desiderano.

In quanto osservatori privilegiati sul terreno, di anno in anno costatiamo che il rispetto della libertà religiosa non solo fatica a diffondersi, ma sta addirittura compiendo passi indietro! Certo, vi sono progetti e decisioni da parte di governi e politici, che suscitano a volte delle speranze! Ma, osservando quanto poi accade concretamente, si vede che queste decisioni e questi progetti hanno pochi, se non addirittura nessun effetto concreto. Tanto che a volte i cittadini si ritrovano in situazioni addirittura peggiori di prima…
E questo perché il diritto alla libertà religiosa ha bisogno di tempo per penetrare profondamente in seno ad una società. E’ per questo che un rapporto come il nostro è cruciale, in quanto è in grado di dare un contributo a tutti i livelli: politico, istituzionale, religioso e sociale.

L’analisi dei 196 Paesi presentati dal Rapporto 2018 mostrano che una gran parte delle donne e degli uomini del nostro pianeta non godono ancora di questo diritto.
Secondo le nostre stime, il 60% della popolazione mondiale vive in un Paese, dove la libertà religiosa non è rispettata. La sua violazione può assumere volti diversi, senza necessariamente mettere in pericolo l’esistenza di una comunità di cittadini appartenenti ad una determinata religione. Ma vi sono ben 38 Paesi dove la violazione della libertà religiosa sfocia in una persecuzione o una discriminazione sistematica da parte dello Stato o di un gruppo estremista nei confronti di cittadini appartenenti a comunità minoritarie. La cartina inclusa nel Rapporto riassume la situazione del rispetto di questo diritto, su scala mondiale.

Integrismo da un lato, islamofobia dall’altro

Confrontando il Rapporto 2018, con quello precedente, notiamo che la situazione è andata peggiorando in ben 18 dei 38 Paesi in cui la situazione era già stata definita come «fortemente allarmante». Tra questi Paesi citiamo la Cina, il Niger o la Turchia. In altri 18 Paesi la situazione non ha subito alcun cambiamento: la libertà religiosa continua ad essere violata da atti di persecutori o discriminatori. E’ il caso di Paesi come l’Arabia Saudita, il Sudan o il Vietnam. Cambiamenti positivi si sono verificati unicamente in due Paesi: l’Iraq e la Siria. Un cambiamento che si spiega più per la perdita d’influenza dello Stato Islamico che per le decisioni o le azioni dei governi, che continuano a ignorare la questione nei loro tentativi di ristabilire la pace e di favorire il ritorno delle vittime di guerra.

Inoltre, secondo gli esperti del comitato di redazione del Rapporto 2018, il fenomeno nazionalista o identitario è un fattore che ha condotto a un nuovo peggioramento della situazione, nel corso di questi due ultimi anni. Le prime vittime di questa nuova tendenza sono naturalmente i gruppi minoritari appartenenti a religioni o a confessioni diverse da quelli che vorrebbero imporre certi Stati o gruppi fondamentalisti.

Nei Paesi dove il diritto alla libertà religiosa è rispettato – in Europa, in America e in Australia- il Rapporto rende anche attenti al rischio dell’islamofobia e alla discriminazione verso i cittadini appartenenti ad altre religioni. L’enfatizzazione del rischio delle migrazioni ha purtroppo scatenato tensioni ed incidenti, alimentati da gruppi che giocano la carta del nazionalismo o dell’antagonismo religioso.

Se in passato, i conflitti in Iraq e in Siria hanno risvegliato l’attenzione – e anche una certa preoccupazione- per ciò che concerne la religione ed il rispetto dell’art. 18, il Rapporto vuole rendere attenti al rischio dell’indifferenza a questa che è la prima e la più importante delle libertà a cui l’uomo ha diritto. Ed è importante ricordarlo specialmente in questo anno in cui la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo compie i suoi primi settant’anni!

Roberto Simona, Responsabile ACN per la Svizzera francese e italiana

22 Novembre 2018 | 18:35
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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