Per leggere il Vangelo nelle domeniche verso il Natale

a cura del Coordinamento della Formazione Biblica della Diocesi di Lugano

Nelle celebrazioni natalizie, tra rito cattolico ambrosiano e rito cattolico romano, due testi evangelici che ricorrono anche quest’anno, sono il prologo del vangelo secondo Giovanni (cfr. 1,1-18) e il luminosissimo racconto della rivelazione della nascita di Gesù ai pastori, con la contestualizzazione «storica» del censimento e l’interpretazione di questo straordinario avvenimento da parte dei pastori stessi e di Maria (cfr. Luca 2,1-20). I commenti a questi due brani evangelici sono leggibili ritornando a quanto pubblicato il 25 dicembre 2020.

Proponiamo qui ora il testo e il commento di un altro importante testo evangelico, ossia Matteo 1,1-25, che viene letto nella messa vespertina del 24 dicembre, prima celebrazione liturgica del Natale del rito romano. Augurando a tutte le lettrici e lettori di catt.ch un Natale di pace e di serenità, offriamo la lettura e un commento del brano matteano appena citato, a cura di Stefania De Vito[1].

Il vangelo secondo Matteo si apre con la genealogia di Gesù, presente solo in Lc 3,23-38. La domanda che dovrebbe accompagnarci riguarda l’importanza teologica e la rilevanza, ai fini della fede, di un libro della nascita, messo come esordio del messaggio di salvezza.

1 1Libro di nascita di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, 5Salmòn generò Booz da Raab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, 8Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, 13Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù chiamato Cristo. 17La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.

v. 1: L’espressione «libro dell’origine» affonda le sue radici nel libro della Genesi. La parola greca ghénesis, nella sua forma verbale, compare per la prima volta in Gen 5. Questo schema narrativo si ripete dieci volte. Come ha affermato J.L. Ska, «La genealogia è un ponte sul fiume dell’oblio che collega la riva dell’oggi a quella dell’altro ieri» (J.L. Ska, Le genealogie della Genesi e le risposte alle sfide della storia, in «Ricerche Storico Bibliche» 17 [1/2005], 89-111). Dunque, i libri della nascita rappresentano una nuova fase della storia che non emerge ex abrupto, ma pone quella «nuova famiglia» in una relazione di solidarietà con l’umanità. La storia di Gesù, perciò, è un nuovo inizio, ma non uno strappo rispetto al passato: in Gesù si risolve tutta la storia dell’umanità. La menzione di Davide è singolare. Questo re-Santo, unto da Dio per guidare il suo popolo, testimonia anche una storia di tradimenti e delitti. È proprio per annunciare che Dio scrive «dritto su righe storte».

v. 2: Il testo è scritto secondo una linea patrilinea; l’onore della famiglia è trasmesso di padre in figlio. Include anche delle donne; già in questo versetto, viene citata Tamar, nuora di Giuda, figlio di Giacobbe (cfr. Gen 38). Ella induce Giuda con l’inganno a darle dei figli non avendo costui tenuto fede ai suoi obblighi di levirato. Dunque, secondo la Torah, Tamar ha preso un’iniziativa giusta: così l’onore della stirpe non si basa solo sulla continuità della promessa di Dio, ma anche sull’»onore acquisito grazie a Tamar stessa.

v. 5: Ecco la menzione di due donne, Raab e Rut. La prima è una prostituta e, come tale, è esposta ad una forma di disonore sociale. Ella, però, acquista visibilità, per sé e per la propria famiglia, perché aiuta due spie israelite a conquistare Gerico. Rut, invece, è la straniera, esclusa dalla salvezza, che accompagna e sostiene Noemi, nel suo viaggio di ritorno al Dio di Israele, che aveva dimenticato.

v. 6: La moglie di Uria è Betsabea, unita a Davide per un rapporto disonorevole, intrecciato tra adulterio e assassinio. Ricordare queste quattro donne – Tamar, Raab, Rut e Betsabea – e soltanto queste prima di Maria può essere la dimostrazione di un fatto a cui l’evangelista ha tenuto particolarmente: «Gesù è solidale con la storia degli uomini così com’è, una storia non solo di santi, ma anche di peccatori. La sorprendente conclusione di queste frettolose annotazioni è che nel «libro delle origini di Gesù» vengono sconvolte le due principali distinzioni – cittadini e stranieri, giusti e peccatori – che da sempre la società utilizza per catalogare, separare ed emarginare» (B. Maggioni, I personaggi della natività, Ancora, Milano 2005, p. 28).

v. 16: Maria, sposa di Giuseppe, acquista onore per essersi sottomessa alla volontà di Dio ed è la sola donna di cui si sottolinea esplicitamente la partecipazione nel generare.

v. 17: La genealogia è costruita con tre anelli concatenati di quattordici generazioni l’uno: il quattordici è un numero sacro, perché è due volte sette, ma è anche la somma del valore numerico delle tre lettere che compongono la radice ebraica Davide: DWD. Ciascun anello rappresenta una delle tre grandi tappe della storia di Israele: da Abramo a Davide, da Davide a Babilonia, da Babilonia fino al Cristo.

Il brano continua la modalità narrativa del libro della vita. La narrazione della generazione avviene, infatti, secondo una prospettiva patrilinea, che attesta come Giuseppe si innesti nel progetto di salvezza, pensato da Dio per l’essere umano sin dall’inizio dei tempi.

18Così si svolse l’origine di Gesù, (il) Cristo. Maria, sua madre, era promessa sposa di Giuseppe. Prima che andassero a vivere insieme, un soffio inconcepibile intervenne e lei si trovò incinta. 19Giuseppe, suo sposo, era un uomo giusto e non voleva comprometterla; perciò decise di congedarla segretamente. 20Mentre pensava a queste cose in cuor suo, ecco: gli apparve in sogno un messaggero del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di accogliere Maria, tua sposa, perché la vita che è in lei viene da un soffio umanamente inconcepibile. 21Darà al mondo un figlio. Tu lo chiamerai Gesù, perché è lui che salverà (i membri de)l suo popolo dai loro peccati. 22E avvenne, tutto questo, perché si adempisse la parola del Signore tramite il profeta: 23Ecco, la vergine diventerà incinta darà al mondo un figlio, e lo chiameranno Emmanuele, che significa Dio è con noi». 24Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come gli aveva detto il messaggero del Signore. Accolse la sua sposa. 25Ma non ebbe relazioni sessuali con lei, finché ella non ebbe dato alla luce un figlio[2], e lo chiamò Gesù.

v. 18: Nella genealogia, Giuseppe (= Dio dona in abbondanza) era presentato come lo sposo di Maria. Qui questa relazione è sottointesa: «Maria […] era promessa sposa di Giuseppe». E vi è anche un’altra indicazione: la donna è madre di Gesù. Il testo apre ad un’ulteriore situazione che, da scandalosa, diviene lode e gioia. Il concepimento era avvenuto prima delle nozze, per l’intervento dello Spirito Santo. L’espressione «soffio» ci rimanda al gesto creatore di Gen 2, quando Dio soffia nelle narici dell’essere umano un soffio di vita. Il bambino, che la donna porta in grembo, è frutto dell’azione creativa di Dio, che non genera solo una nuova vita biologica, ma una nuova vita rela- zionale con Dio, per l’umanità.

v. 19: Il tema della giustizia attraversa l’AT e il NT; l’uomo giusto per eccellenza è Abramo, che riceve la giustificazione da Dio, mediante l’assenso fiducioso alla Parola (cfr. Gen 12). Giuseppe, dunque, è descritto come un uomo, implicitamente riconosciuto da Dio come un giusto.

Conosceva la Torah, che gli dava la possibilità di ripudiare la propria donna per adulterio (cfr., per es., Dt 24,1-3). Conosceva anche, allo stesso tempo, quella Torah che tutelava la dignità di ogni uomo o donna (cfr. Mal 2,13-16). La rinuncia all’esercizio del proprio diritto fa di lui un uomo giusto, innanzi a Dio.

v. 20: Il verbo greco enthyméomai è reso con il significato di pensare. In realtà, la brevità della parola nasconde tutta l’agitazione di Giuseppe. Si tratta, infatti, di un pensare appassionato e agitato. La giustizia di Giuseppe non è un dato acquisito pacificamente, ma si tratta di una conquista tesa e concitata, che non rappresenta l’ultima parola. Il tema del sogno lega trasversalmente l’AT al NT (cfr. Gen 37,5-10) e Mt (cfr. 1,20; 2,13-15.21.22-23). Il Sogno è una condizione rivelativa, sottolineata dall’espressione «Non temere». Se si dà uno sguardo alla genealogia dei vv. 1-17, Giuseppe, qui presentato come il figlio di Davide, non è il soggetto sintattico del verbo generare in Mt 1,16. Quell’uomo, che in prima istanza era stato escluso dal concepimento di Maria, diventa un canale della storia della salvezza.

v. 21: La dinamica del nome è davvero significativa. Il bambino prenderà il nome di Gesù, forma greca dell’ebraico Joshua. Con una fine operazione ermeneutica, Mt lega il nome alla sua radice ebraica, ys’, e fa sì che il nome suoni come Dio salva.

v. 22: Un bambino che salva è ciò che il profeta aveva annunciato (cfr. Is 7,14). Il tema del compimento delle Scritture è caro a Mt, che presenta continui riferimenti all’AT, sia sotto forma di citazioni dirette che indirette.

v. 24: La dinamica rivelativa del sogno è evidente nel verbo eghéirein, «mettersi in piedi», espressione che gli evangelisti impiegano per descrivere la Resurrezione (cfr., per es., Mc 6,14.16; 14,28; Mt 14,2; 27,52; 28,6; Gv 5,21.41a). L’incontro con il messaggero mette Giuseppe in posizione eretta, pronto, dunque, a camminare ancora. Per un’introduzione globale alla lettura del vangelo secondo Matteo e una lettura di Mt 1,1-25, è disponibile su internet la registrazione dell’intervento di analisi e commento in proposito a cura del Prof. Ernesto Borghi, nel quadro del corso ABSI «Lettura ecumenica del vangelo secondo Matteo» (si utilizzi pure il seguente link: https://youtu.be/JaFl-SM0vDs).


[1] Nata ad Avellino nel 1977, sposata e madre di due figli, dottoressa in teologia biblica (Pontificia Università Gregoriana di Roma), insegna ermeneutica biblica presso il Dipartimento di Teologia Fondamentale dell’Università Gregoriana di Roma e Sacra Scrittura presso l’Università LUMSA di Roma. Ha pubblicato la sua tesi di dottorato dal titolo La schiavitù via di pace. Una prospettiva pragmalinguistica di Rm 6,15-23, PUG, Roma 2016 (in via di traduzione in lingua inglese). Saranno pubblicati prossimamente i seguenti saggi: The Truth of Scripture. Pragmalinguistics and the Functional Speciality of Communications, in J.K. Gordon (ed.), Critical Realism snd the Christian Scriptures. Foundations and Applications, Marquette 2022; Scandalo di pochi, mediocrità di molti. Sulle dinamiche di guarigione ecclesiale dagli abusi a partire da Romani 6,1-14, in «Gregorianum».

[2] Al v. 25a la traduzione letterale, ossia non conosceva lei finché non partorì un figlio, non autorizza assolutamente versioni quali, per es., senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio (CEI 2008), a meno che la traduzione sia orientata da criteri formativi diversi dall’attenzione al testo in quanto tale (per es. sostenere la verginità di Maria anche dopo la nascita del Nazareno).

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/per-leggere-il-vangelo-nelle-domeniche-verso-il-natale-6/