Svizzera e Vaticano rafforzano la loro cooperazione per la pace

«Sono stato molto toccato dalla visita al luogo dove visse Nicolao della Flüe», ha confidato il cardinale Parolin in una conferenza stampa svolta a Berna l’8 novembre 2021. Il Segretario di Stato Vaticano ha compiuto un pellegrinaggio privato nella Svizzera centrale il 7 novembre con tappe Einsiedeln e il Ranft.

Anche il consigliere federale Ignazio Cassis ha anche fatto riferimento all’eremita di Obvaldo per ricordare che il dialogo, la mediazione e la pace hanno radici profonde nella cultura svizzera.

Uniti contro la pena di morte, per le minoranze

I due capi della diplomazia dei rispettivi Paesi hanno sottolineato che questi aspetti del dialogo, della mediazione e della pace caratterizzano anche la politica estera della Santa Sede e costituiscono la base di relazioni fruttuose tra i due Stati. Hanno anche annunciato la firma di una dichiarazione congiunta per la promozione della pace e dei diritti umani nel mondo. Anche se il documento non è stato reso pubblico, Ignazio Cassis ha rivelato che rafforza in particolare l’impegno comune contro la pena di morte, per la protezione delle minoranze e il sostegno alle piattaforme per la promozione del dialogo, in particolare quello interreligioso.

Il centenario del legame diplomatico tra Svizzera e Santa Sede è stata quindi occasione propizia per rafforzare relazioni «che erano già buone», ha sottolineato il cardinale. Un legame che i due Stati hanno mantenuto per secoli, ha ricordato il capo del Dipartimento degli Affari Esteri, legato soprattutto alla creazione della Guardia Svizzera Pontificia nel XVI secolo. Un canale diplomatico formalmente interrotto nel 1873, nel contesto del Kulturkampf. Ignazio Cassis ha manifestato la sua soddisfazione ricordando che fu un altro ticinese, l’ex consigliere federale Giuseppe Motta, all’origine dei ristabiliti rapporti tra Santa Sede e Vaticano, un secolo fa, nel 1920.

Un occasione per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU?

Il Vaticano e la Svizzera sono legati da valori comuni e da 100 anni +1 (l’anniversario non ha potuto aver luogo nel 2020 a causa di Covid). I due capi della diplomazia hanno detto che la visita ha permesso di stabilire nuove sinergie in questo settore.

Un «segnale forte» per la Svizzera, ha commentato Ignazio Cassis, visto che il Paese ha chiesto di entrare nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

La coesione rafforzata tra i due Stati dovrebbe essere cementata anche dalla prevista istituzione di una rappresentanza svizzera residente presso la Santa Sede, nonché dal sostegno della Confederazione alla ristrutturazione della caserma della Guardia pontificia. Per il momento, la diplomazia svizzera in Vaticano è ancora gestita dal rappresentante diplomatico elvetico in Slovenia.

Nessuna «svolta confessionale» verso i cattolici


Per la seconda tappa della sua giornata ufficiale, il cardinale Parolin e i suoi ospiti sono andati a incontrare la Chiesa Evangelica Riformata Svizzera (EERS), sempre a Berna. È stata l’occasione per ricordare che l’impegno diplomatico dei due Paesi è anche interconfessionale e interreligioso. Il Segretario di Stato Vaticano ha sottolineato il ruolo centrale della Svizzera in questo campo, come Paese emblematico della Riforma, con un contesto biconfessionale unico. Ha anche invitato i rappresentanti ecumenici a partecipare al processo sinodale della Chiesa cattolica. Ignazio Cassis è tornato sul progetto di stabilire un’ambasciata a Roma e sul timore sollevato in particolare negli ambienti protestanti di uno «spostamento confessionale» a favore del cattolicesimo. Cassis ha sottolineato che uno degli scopi della visita del cardinale ai riformati era proprio quello di rassicurarli sul fatto che la Confederazione rimane fermamente attaccata al principio della laicità.

L’incontro con le autorità protestanti si è svolto in un’atmosfera calda e cortese. Rita Famos, presidente dell’EERS, ha augurato ogni successo per la continuazione delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Svizzera. Si è anche congratulata per l’avvio del processo sinodale nella Chiesa cattolica. «Il dialogo è sempre arricchente per tutte le parti», ha detto.

L’Università di Friburgo, un «ponte» di rinnovamento


Nel pomeriggio, i partecipanti si sono spostati all’Università di Friburgo per aprire un colloquio dedicato alle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e il Vaticano. In un’aula magna in cui sono confluiti numerosi politici, accademici ed ecclesiastici, lo storico ticinese Lorenzo Planzi ha fatto una breve presentazione sulla storia delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, concentrandosi sulla rottura delle stesse, tra il 1873 e il 1920. L’autore ha descritto il progetto di un ambasciatore residente a Roma come «il coronamento» della ripresa delle relazioni.

Lo storico ha anche ricordato che la scelta dell’Università di Friburgo per il centenario delle relazioni non è insignificante. Fondata nel 1889, l’istituzione serviva da «ponte» tra la Svizzera e la Santa Sede, in un momento in cui i due Stati cominciavano a riavvicinarsi. «L’università era un punto d’incontro tra il papato e i giovani cattolici in Svizzera», ha detto Planzi.

Legami fondati nel sangue

Invitato ad offrire una parola conclusiva alla fine della giornata, il cardinale Parolin ha sottolineato che la relazione tra la Svizzera e il Vaticano è «storica e profonda». Ha ricordato che il punto di partenza simbolico è stato il 6 maggio 1527. Durante l’episodio conosciuto come il «Sacco di Roma», le Guardie svizzere si sacrificarono fino all’ultimo uomo per difendere papa Clemente VII. Secondo il Segretario di Stato Vaticano, questo atto, in cui i giovani svizzeri «hanno dato il loro sangue» per il Pontefice, ha reso il legame tra i due Stati «indissolubile». (cath.ch/rz/adattamento catt.ch)

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Chiesa cattolica svizzera

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