Una costellazione di consacrati

di Manuela Masone

Di ritorno dalla chiusura dell’Anno della Vita consacrata, l’impressione è quella avere uno squarcio della molteplicità dei carismi che operano nella Chiesa: contemplativi, istituti secolari e di vita apostolica, nuove forme, Ordo Virginum.
Penso a Santa Teresa di Gesù Bambino, che aspirava a tutte le vocazioni e infine trova la risposta alla sua inquietudine:
«Capii che l’amore solo fa agire le membra della Chiesa, che, se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola che è eterno. Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: Gesù, Amore mio, la mia vocazione l’ho trovata finalmente, la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l’amore. Così, sarò tutto…, e il mio sogno sarà attuato!»
Se però è normale che ci sia una così grande varietà di carismi alla quale corrisponde ciascuna realtà di vita consacrata, quello che è inabituale è che nella stessa forma di vita possano nascere chiamate molto diverse fra di loro. Che cos’hanno in comune un sindaco, un vinologo, una restauratrice d’edifici, un’infermiera, un’educatrice? Questa è la caratteristica propria all’Ordo Virginum in cui le consacrate sono unite tra loro dal rito di consacrazione più antico della Chiesa, ma si diversificano ciascuna da una vocazione propria che le può portare a svolgere il lavoro negli ambiti più disparati della Chiesa e soprattutto della società. Per questa ragione durante il convegno sono state paragonate ad una costellazione.
«Le stelle brillano nelle loro postazioni e gioiscono. Dio le chiama per nome ed esse rispondono: Eccoci! E brillano di gioia per il loro Creatore» (Baruc 3, 34-35)
Dalla dimensione sponsale che emerge dal rito di consacrazione scaturisce il dono d’amore di Dio che per ognuna si sviluppa in maniera differente secondo il dono dello Spirito. Ciascuna è chiamata a «brillare», a riflettere qualcosa della luce di Dio fra la gente, nella ferialità. Ecco che allora questa forma di consacrazione, in una società in continuo cambiamento, sembra potersi adattare ad ogni tipo di contesto.
Particolarmente toccanti le testimonianze di una consacrata di Baghdad che ha deciso di rimanere nel suo paese, nonostante tutta la sua famiglia sia partita o quella di una keniota che svolge l’apostolato nel più grande carcere del suo Paese.
Posso solo ringraziare Dio per questa varietà e bellezza che ha bisogno di essere continuamente alimentata dall’Amore di Dio per essere segno della Sua vicinanza ad ogni persona. Al termine dell’anno della vita consacrata, Papa Francesco ci ha invitato a non dimenticare la prima chiamata: «E con quell’amore con cui siete stati chiamati, oggi il Signore continua a chiamarvi. Non abbassare, non abbassare quella bellezza, quello stupore della prima chiamata. E poi continuare a lavorare. E’ bello!» (S. Messa, 2 febbraio 2016)
Solo facendo memoria del primo amore e ravvivandolo attraverso la preghiera, ogni stella potrà continuare a brillare di gioia per il suo Creatore.

Chiesa cattolica svizzera

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