II Domenica del Tempo Ordinario: commento ai Vangeli

Calendario romano: Giovanni 2, 1-11

La festa del Battesimo del Signore è insieme la fine di un tempo, quello di Natale, e l’inizio di un altro, detto ordinario, che in realtà non è sinonimo né di banale né di irrilevante. Seconda del tempo appena citato, è questa domenica che è contemporaneamente anche il terzo costituente della Manifestazione del Signore (la prima è l’Epifania e la seconda il Battesimo, appunto). Non vi è migliore introduzione al Tempo ordinario, sottolinea don Willy Volonté, della Parola del Vangelo che la liturgia ci propone, presentandoci una festa di nozze a Cana di Galilea, cui è invitato Gesù con la sua mamma. La scelta di due giovani di unirsi in matrimonio è motivo di gioia per tutti, segno di unità, di fedeltà, di dono reciproco e fecondo nei figli che verranno.

Non vi è miglior rappresentazione dell’amore di Dio che viene a visitare l’uomo, che si impegna in questo abbraccio, promessa di una vita insieme.

Quello che spesso accade anche nella vita fra le persone, così come nel nostro rapporto con Dio è che il vino della gioia, la bellezza degli inizi, la spumeggiante vitalità dello slancio nel primo impegno vengano meno. Lo sa bene la madre di Gesù, attenta a notare l’esaurimento del vino alla festa, per cui chiede a suo figlio di intervenire. Gesù obietta apparentemente, ma poi si lascia commuovere e lo fa al modo di Dio, con la sovrabbondanza del suo amore. Per questo non si limita a rabboccare i recipienti, trasforma l’acqua in vino, con sorprendente sensibilità. Non è un’acqua qualsiasi, proviene dalle vasche della purificazione, come a dirci che Dio non interviene come un estraneo, ma a partire dalle nostre stesse fragilità, trasformando la tristezza in danza, il deserto in sorgenti d’acqua. La sovrabbondanza della speranza che Gesù porta nel mondo è evidente nei 600 litri circa di vino regalato dal miracolo, notevoli anche per una festa che coinvolgeva tutto un paese.

Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube.

Calendario ambrosiano: Giovanni 2, 1-11

Oggi siamo a Cana, nella cornice di una festa di nozze. È bello che il primo segno che ci viene offerto per incontrare Gesù sia quello di una festa di nozze. Decisiva è la presenza di Maria e infatti l’evangelista annota che è Lei la prima invitata. Poi, a seguito di questo invito, anche Gesù è invitato con i suoi discepoli. Le due parole dette da Maria sono quindi davvero decisive. La prima: «Non hanno più vino», può sembrare una osservazione banale. Esprime invece la premurosa attenzione di Maria che, sola tra tutti i commensali, intuisce il disagio degli sposi. Questa parola ci rivela chi è Maria: uno sguardo attento, intuitivo che sa leggere il nostro bisogno, ciò che manca per la nostra gioia.

Maria è uno sguardo rivolto verso di noi. La preghiera a Maria esprime la fiducia in questo sguardo materno e insieme la certezza che sarà Lei a volgersi al suo Figlio in nostro favore.

E la seconda parola, rivolta ai servi: «Fate quello che vi dirà». Maria non risolve il disagio di quegli sposi: il suo compito è quello di indicare il suo Figlio. A Cana Maria appare coì davvero come la grande educatrice della nostra fede, invitandoci ad ascoltare le parole del suo Figlio . A quella donna che aveva gridato a Gesù il suo elogio per Colei che lo aveva generato e allattato, Gesù aveva risposto: «Beati coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica» (Lc11,27s.). E qui a Cana Maria riprende la Beatitudine invitando i servi e tutti noi ad ascoltare il suo Figlio per fare ciò che la sua parola ci dirà. Da questo ascolto un diluvio di vino generoso. Da questo ascolto una gioia dilagante. L’evangelista Giovanni dopo queste parole di Maria non ci ha trasmesso altre sue parole. Eppure nel tempo vissuto con Maria in obbedienza al comando di Gesù morente «Figlio, ecco tua Madre», certamente avrà ascoltato da Maria altre parole. Ma così decisive sono le poche parole dette a Cana da non aver bisogno di aggiunte. Bastino anche a noi queste parole per il nostro filiale amore a Maria.

Don Giuseppe Grampa

Chiesa cattolica svizzera

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