La croce è la massima dignità del cristiano

Di Laura Quadri
Piazze. Luoghi d’incontro e di scontro, di violente contestazioni o, per una volta, di manifestazioni pacifiche. È il caso di «OgniVentialleVenti» preghiera del rosario per i fedeli perseguitati, che si svolge ogni giorno 20 del mese alle 20.00 in Piazza S. Rocco a Lugano. Partecipandovi per la prima volta mercoledì scorso, mi ha colpito sin dai primi istanti: i cittadini accorsi hanno dapprima intonato il Cantico dei Redenti – «il Signore è la mia salvezza…» – e per un momento mi è sembrato di sentir un canto proveniente dalla bocca di cristiani realmente perseguitati, che mettono nel Signore tutta la loro speranza. Come si legge sul volantino dell’iniziativa, l’idea nasce dall’esigenza di un gruppetto di amici che ha a cuore il destino di tanti cristiani, yazidi e musulmani di fronte alla cieca ed inaudita violenza di una persecuzione che li vorrebbe allontanare dalle loro terre in Medio Oriente, Kenia, Nigeria e da altri luoghi. Si è soliti accompagnare il momento di preghiera ad una testimonianza: mercoledì sera abbiamo sentito la voce di Padre Elia Bahjat Karakach, frate francescano di Aleppo, che da febbraio sarà mandato in missione a Damasco. Egli ci ha sapientemente ricordato che scagliarsi contro ciò che vi è di cristiano in una società equivale a distruggere la sua umanità. Ha quindi voluto distribuire ai presenti una serie di brevi testimonianze raccolte tra la gente della sua regione che sta vivendo la difficile realtà della guerra. Vi troviamo frasi che fanno letteralmente tremare per la carica di speranza che trasmettono. Una donna di 57 anni ammette senza mezzi termini: «La guerra mi ha aiutato ad avvicinarmi di più a Dio». Le fa subito eco una ragazza di 28 anni: «Da quando è incominciata la guerra è cominciata l’avventura della mia ricerca di Dio». Alla domanda «Perché hai scelto di restare in Siria?», troviamo altre sorprendenti risposte, come questa: «portare la croce è la massima dignità del cristiano, se andassi dove non c’è la croce perderei questa grazia». Una ragazza aggiunge: «la guerra ci aiuta a prendere decisioni nette, o sei con Dio o sei contro di Dio, essa non ci permette il lusso di permanere in un limbo». Dopo frasi del genere, mercoledì sera non è rimasto che il silenzio, quello che genera contemplazione. E un canto finale, di speranza: «Padre, che siano una sola cosa, perché il mondo veda».

Chiesa cattolica svizzera

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