Haiti: intervista ai volontari ticinesi dopo il terremoto

Sono le otto e mezza del mattino ad Haiti, sabato 14 agosto, quando la terra trema. Ogni secondo è impresso nella mente di Maria Laura e Sebastiano Pron, i volontari ticinesi che insieme a Francisco Fabres seguono sull’isola il progetto di sviluppo della diocesi di Lugano. «Abbiamo sentito questo rumore di fondo, pensavamo fosse un grande camion di passaggio. La terra trema sotto i piedi, d’improvviso realizzi: è un terremoto. «Usciamo! Usciamo!», e ci precipitiamo fuori di casa». Maria Laura rivive quei momenti terribili: «Ricordo il senso fortissimo di nausea, perché il nostro sistema dell’equilibrio non riesce a orientarsi». Il sisma che ha colpito la zona a sud-ovest di Haiti ha avuto una magnitudo di 7.2 gradi nella scala Richter. Le ultime stime parlano di oltre 2.200 morti e più di 12mila feriti. I ticinesi risiedono a Paillant, un villaggio a una cinquantina di chilometri dall’epicentro del sisma. La loro casa è rimasta in piedi, così come le altre strutture della zona. Ma basta spostarsi poco più a sud per incontrare villaggi devastati ed edifici in rovina.

E come se non bastasse, tra lunedì e martedì è transitata sull’isola la tempesta tropicale Grace. «Chi aveva ancora una casa», spiega Sebastiano, «ha potuto mettersi al riparo. Ma molte persone sono rimaste all’addiaccio per ore, sotto la pioggia scrosciante». I coniugi Pron spiegano come si è attivata la macchina dei soccorsi. «Il territorio qui è montuoso, le strade non sono asfaltate. La Protezione Civile ha fatto un primo censimento dei danni ma non riesce ancora ad avere un quadro completo ». Il ricordo corre al 2010, l’anno in cui la terra tremò nella capitale Port Au Prince. «La situazione è completamente diversa. Il sisma in città uccise molte più persone – si stima circa 230mila – ma paradossalmente era più facile individuare i danni e destinare gli aiuti». Le regioni colpite oggi sono quelle del Nippes (su cui si estende la diocesi di Anse-à-Veau-Miragoâne gemellata con Lugano), del Sud e del Grand’Anse. «Qui lo Stato» prosegue Sebastiano «è praticamente assente. Sono invece ben radicate le chiese, sia la cattolica che le comunità riformate: sacerdoti e pastori diventano punti di riferimento e i cittadini si rivolgono a loro». Nel corso della settimana, Sebastiano e Maria Laura si sono spostati con il loro pick-up per raggiungere la città di L’Asile e gli altri centri più colpiti: «C’è bisogno di acqua potabile, cibo, medicinali e tendoni. Le Ong internazionali cominciano ad arrivare, noi stessi abbiamo incontrato alcuni cooperanti.

Ma le strade impervie rendono difficile i trasporti. E alcuni villaggi, a cui si giunge solamente a piedi, restano quasi esclusi dalle operazioni di soccorso». Non c’è pace ad Haiti, dove le disgrazie sembrano arrivare in serie. In uno dei Paesi più poveri al mondo, le tensioni sociali hanno portato nel mese di luglio all’assassinio del Presidente Jovenel Moïse. Nella capitale Port Au Prince spadroneggiano le gang, mentre il nuovo primo ministro Ariel Henry, in carica da circa un mese, deve subito fare i conti con una nuova emergenza. Dopo il terremoto del 2010, nulla è cambiato? Per i coniugi Pron, in realtà, dei passi avanti ci sono stati. «In questi anni, chi ha potuto ha costruito le case seguendo le regole antisismiche. Però c’è un grosso problema: una sola stanzetta costruita «a norma» costa come minimo intorno ai 2000 dollari americani.

Bisogna comprare il cemento e il ferro per «armare» la struttura, entrambi molto costosi. E lo stipendio medio, qui, si aggira sui 30 dollari al mese…». Non è insomma la volontà che manca al popolo haitiano: sono le condizioni di vita a essere strutturalmente difficili. E quali conseguenze ci saranno per la missione ticinese?

«Un 20% delle strutture in cui operiamo», spiegano Maria Laura e Sebastiano, «sono inagibili. Dovremo spostare alcuni appuntamenti previsti a settembre, altri incontri li faremo all’aperto. Le nostre attività di sviluppo nell’ambito dell’educazione e della salute, tuttavia, restano fondamentali: una volta che le persone acquisiscono una formazione, nessun terremoto o ciclone può spazzarla via». Un’attività a lungo termine, di cui Haiti ha e avrà sempre più bisogno.

di Gioele Anni

Chi desiderasse fare un’offerta può indirizzarla a Conferenza Missionaria della Svizzera Italiana (CMSI) conto postale 69-868-6 (IBAN CH21 0900 0000 6900 0868 6) con la causale terremoto Haiti.

Leggi anche: Terremoto ad Haiti: l’appello del vescovo di Lugano mons. Valerio Lazzeri

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/haiti-intervista-ai-volontari-ticinesi-dopo-il-terremoto/