Letture bibliche e coraniche a cura di Renzo Petraglio

LETTURE CORANICHE E BIBLICHE: RAMADAN 2021
Quest’anno il Ramadan, periodo fondamentale dell’anno musulmano, inizia pochi giorni dopo la celebrazione della Pasqua nell’ebraismo e nell’Occidente cristiano. Il biblista ed esperto di religioni abramitiche Renzo Petraglio offre un ciclo di letture coraniche e bibliche durante questo periodo di intensa riflessione e astinenza alimentare diurna nell’Islam. Il tema per quest’anno è il seguente: come vivere bene le relazioni con gli altri. Alcuni brani del Corano e altri della Bibbia ci aiuteranno a meditare su questa dimensione fondamentale della vita comune.

Fraternità e cattiva gestione di un insuccesso: il comportamento di Caino (Ramadan 2021: prima settimana)

Il 13 aprile inizia il Ramadan. E il Corano ci dice: «Il Ramadan è il mese in cui è stato rivelato il Corano per servire come buona direzione per gli umani» (Sura 2,185). Ecco perché, durante questo mese, voglio riflettere su ciò che il Corano ci indica come «buona direzione»[1] a livello delle nostre relazioni con gli altri, su come vivere le nostre relazioni con i nostri fratelli e le nostre sorelle. E, per questa prima settimana, voglio leggere la pagina che ci parla dei due primi fratelli, i due figli di Adamo. Senza utilizzare i nomi propri «Abele» e «Caino», il Corano ci dice[2]:

27E racconta loro – secondo verità – la storia dei due figli di Adamo: quando offrirono [a Dio] un sacrificio, e il sacrificio di uno dei due fu accettato mentre quello dell’altro non fu accettato.

[Caino] allora disse: «Certo, io ti ucciderò». [Abele] disse: «Certo, Dio non accetta se non [i sacrifici] dei pii. 28Se tu stendi la tua mano su di me per uccidermi, io non stenderò la mia mano su di te per ucciderti, perché io rispetto Dio, il Signore degli umani. 29Certo, io preferisco che sia tu a caricarti del mio peccato e del tuo peccato e che tu sia nel numero di quelli del fuoco. Ecco la ricompensa dei colpevoli ».

30Poi la sua anima dispose [Caino] a uccidere suo fratello, e lo uccise e fu tra i perdenti (Sura 5,27-30).

L’imperativo che apre questa sezione fu, in origine, l’imperativo rivolto – da Dio – a Muhammad in una situazione molto precisa, evocata nel versetto 11 della medesima sura, là dove Dio dice ai credenti: «O voi che credete! Ricordatevi del favore che Dio vi ha accordato: quando un popolo voleva stendere su di voi le sue mani, ed Egli sviò lontano da voi quelle mani». Il Corano evoca qui un momento difficile, una vera minaccia per i musulmani, quando degli Ebrei attentarono alla vita del Profeta, rompendo – ad un tempo – l’impegno che si erano presi con lui e l’impegno verso Dio[3]. A questi Ebrei che hanno progettato questo attentato, Muhammad è invitato a raccontare la storia di Caino e di Abele. Ecco come reagire davanti alle persone che ci minacciano: invece di rispondere alla violenza attraverso la violenza, basta raccontare loro il racconto di Caino e di Abele. Abele non risponde alla violenza con la violenza. Dio non vuole la violenza. Il ricorso alla violenza ci mette, paradossalmente, nel numero dei perdenti.

Questa pagina del Corano mi richiama, evidentemente, il racconto biblico che abbiamo in Genesi 4.  Ecco una traduzione:

2bAbele fu pastore di bestiame minuto, mentre Caino era coltivatore della terra. 3E avvenne  alla fine dei giorni [di una stagione]: Caino fece venire del frutto della terra come omaggio per Yhwh; 4e Abele fece venire, lui pure, dei primogeniti del suo bestiame minuto. E Yhwh considerò Abele e il suo omaggio, 5mentre Caino e il suo omaggio non li considerò.

E ci fu bruciore per Caino, intensamente, e il suo volto cadde, abbattuto. 6E disse, Yhwh, a Caino : «Perché c’è bruciore per te? E perché il tuo volto – tutto abbattuto – è caduto? 7Se tu agisci bene, non lo rialzerai? Ma se non agisci bene, il fallimento è accovacciato alla tua porta ed esso ti desidera avidamente. E tu lo dominerai?».

8E Caino parlò ad Abele suo fratello e avvenne, quando erano nei campi: Caino si levò verso suo fratello Abele e lo uccise. 9E disse, Yhwh, a Caino: «Dov’è Abele tuo fratello?». E [Caino] disse : « Non so. Sono forse il custode protettore di mio fratello? » 10 E disse [Yhwh]: «Cosa hai fatto? Sì, [è] la voce dei sangui di tuo fratello che gridano verso di me dalla terra» (Genesi 4,2b-10).

A differenza della narrazione del Corano, la Bibbia menziona il nome dei due fratelli. Il nome «Caino» fa riferimento al verbo «acquistare» («qanah», in ebraico), la parola che Eva, mettendo al mondo Caino dice: «Ho acquistato un uomo presso Yhwh» (Gen 4,1).  Al contrario, la parola Abele in ebraico significa «soffio», «fragilità». E questo nome evoca il destino di questo figlio che sarà ben presto cancellato dalla terra.

Quando i due fratelli presentano a Dio i risultati del loro lavoro, la Bibbia ci dice che «Yhwh considerò Abele e il suo omaggio, mentre Caino e il suo omaggio non li considerò» (vv. 4-5). Dietro questa frase, l’autore esprime un’idea diffusa nell’antichità: essere favoriti o respinti da Dio è lo stesso che essere benedetti o no, fare l’esperienza di un successo o di un fallimento nella vita e nel lavoro[4]. E, se una persona fa l’esperienza di un insuccesso nella sua vita e nel suo lavoro, essa cade nella sofferenza e rischia di provare gelosia vedendo un’altra persona che ottiene dei risultati.

In questa situazione, il narratore ci mostra Dio che interviene: egli dice a Caino che può di nuovo rialzare la testa, contemplare un avvenire nuovo e guardare con uno sguardo diverso le altre persone. Infatti la sofferenza non è un cammino senza uscita; è, invece, un momento per fare una scelta, per diventare responsabili di se stessi e della propria vita[5]. Solo così sarà possibile vivere la propria sofferenza senza imporsi, con violenza, su un’altra persona, sul proprio fratello.

Ma Caino, rifiutando questa proposta che Dio gli ha indicato, decide di eliminare suo fratello. Caino uccide, e Dio dichiarerà: «la voce dei sangui di tuo fratello che gridano verso di me dalla terra» (v. 10). E qui il plurale «la voce dei sangui» evoca tutte le persone uccise durante l’intera storia dell’umanità. D’altronde, come anche il Corano ci ricorda, uccidere una persona che non ha commesso violenza equivale a uccidere l’umanità intera (cfr. Sura 5,32).

È il momento di concludere tornando a Caino. Egli, oltre che a uccidere Abele, non sa riconoscere il compito che ciascuno ha nella sua vita, quello di «prendersi cura» di suo fratello. E pensando al racconto di Caino e di Abele, ciascuna e ciascuno di noi siamo invitati a vivere, giorno dopo giorno, sapendo che dobbiamo prenderci cura della nostra sorella, del nostro fratello. E questa attitudine verso fratelli e sorelle ci aprirà un avvenire nuovo e ci aiuterà a uscire dalla nostra sofferenza e dai nostri insuccessi. Coraggio, su questa strada, del prenderci cura, rispettosamente, dell’altro, dell’altra. E su questa strada saremo insieme.


[1] Per il concetto di «buona direzione», «hûdâ» in arabo (cf. M. Chebel, Dictionnaire encyclopédique du Coran, Fayard, Paris 2009, pp. 124-125).  Per les attestazioni di questo termine nel Corano, cf. A. Godin et R. Foehrlé, Coran thématique. Classification thématique des versets du Saint Coran, Éditions Al-Qalam, Paris 2004, p. 473ss. 

[2] Per la struttura e l’analisi di questo racconto, cf. M. Cuypers, Le Festin. Une lecture de la sourate al Mâ’ida, Lethielleux, Paris 2007, p. 146ss. L’autore spiega anche perché ricorrere alla parola «pii» alla fine del v. 27, e alla formulazione « il Signore degli umani» alla fine del v. 28.

[3] Abû Ja ›far Muhammad Ibn Jaîr at-Tabarî, Commentaire du Coran. Abrégé, traduit et annoté par P. Godé, Éditions d’art les heures claires, Paris 1988, tome IV, p. 89.

[4] C. Westermann, Genesi, PIEMME, Casale Monferrato (AL) 1989, p. 44.

[5] Cf. A. Wénin, Da Adamo ad Abramo o l’errare dell’uomo. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. I, Genesi 1,1-12,4, EDB, Bologna 2008, p. 105.

Chiesa cattolica svizzera

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