Gli sposi? Parola fatta carne nella quotidianità

di Federico Anzini

Una trentina di famiglie, lo scorso fine ottobre (24-28.10.2015), si sono recate in Umbria, per una vacanza-formazione. Ad organizzare e promuovere questo momento è stata la pastorale famigliare diocesana guidata da don Willy Volonté e don Roberto Roffi. Sono stati giorni piacevoli ed intensi. Abbracciati dai colori autunnali delle colline che attorniano i luoghi francescani più famosi, che sono stati anche meta di gite, quali Assisi e Gubbio, il cuore dell’esperienza sono stati alcuni momenti di formazioni e riflessione. A condurci dentro una maggiore consapevolezza del valore e della bellezza del sacramento del matrimonio, due relatori d’eccezione: don José Noriega, professore all’Istituto San Giovanni Paolo II a Roma e don Renzo Bonetti, presidente della Fondazione «Famiglia Dono Grande».

Impossibile riassumere tutto in poche righe senza sminuirne il valore, ma in attesa che siano messi a disposizione sul sito della pastorale famigliare i contributi integrali ecco alcune note personali, un paio di pennellate, rileggendo gli appunti presi i quei giorni. Don José affrontando il tema della differenza sessuale, «maschio e femmina li creò», ci ha ricordato che l’altro è un regalo. Il dono della presenza del coniuge ci cambia, ci mobilita. E’ decisivo per capire chi siamo e il nostro destino. Ma c’è un abisso tra la passione amorosa (che non dipenda da me, dalla mia libertà) e l’arte di amare, cioè la volontà di volere e mettere in atto un bene per l’altro. La felicità non è l’obiettivo ma la conseguenza della pienezza del nostro agire.

Il cristianesimo getta una luce sul nostro destino e su quello della persona che ci cammina accanto nella vita matrimoniale. Per questo don Renzo ha sottolineato come il sacramento del matrimonio è dato alla «relazione», al legame tra marito e moglie non ai singoli. La fede non crea solitari ma persone centrate sulla comunione, uniti nella diversità. Non dobbiamo mai perdere lo stupore, quello dei bambini, di fronte alla bellezza del legame coniugale. Il miglior antidoto all’abitudine, nemico numero uno dello stupore, è la preghiera che ci aiuta anche a superare quel «pudore spirituale» che ci impedisce di sciogliere l’anima, di svelarci (togliere i veli) davanti al nostro coniuge.

Poche righe, in questo blog, per esprimere una profonda gratitudine per questa esperienza comunitaria che ha rafforzato la mia famiglia e contribuito a «ricentrare» la nostra missione di sposi: Parola fatta carne nella quotidianità.

Chiesa cattolica svizzera

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