Ero forestiero e non mi avete ospitato

di Davide De Lorenzi

Gli svizzeri sono preoccupati in primis per il tema «asilo e profughi» (23%) e per quello dell’immigrazione (19%). È quanto emerso da un recente sondaggio svolto da Tamedia su un campione di 35’000 elettori, in occasione delle elezioni federali. Inutile dire che l’attualità questi temi abbia certamente favorito il successo dell’UDC. Senza entrare nel merito dei risultati, occorre tuttavia notare che si tratta di tematiche che coinvolgono solo marginalmente il nostro paese, che certamente accoglie alcune migliaia di rifugiati, ma che non è neanche minimamente confrontato con quanto vivono altri paesi europei e soprattutto paesi in cui i profughi si contano ormai a milioni (come alcuni stati confinanti con la Siria).
Queste «preoccupazioni» a mio vedere stridono e parecchio con il nostro benessere, il nostro essere tra i primi al mondo un po’ in tutto. Ma di cosa ci sentiamo minacciati? Di cosa abbiamo paura? Non ci stiamo chiudendo in un’egoistica chiusura? Avremmo a disposizione appartamenti, rifugi della protezione civile, risorse in abbondanza per aiutare e per fortuna un po’ aiutiamo, ma non posso fare a meno di pensare alla terribile frase detta da Gesù «Via, lontano da me, maledetti, (…) perché ero straniero e non mi avete accolto» (Mt25, 41.43)
È triste constatare che anche tra molti credenti si sia diffusa la percezione che in fondo sia giusto chiudere le frontiere o peggio – che basti alzare muri e barriere di filo spinato. Persino il presidente del governo di un cantone ha proposto queste idee. Come cristiani – se lo siamo realmente e non nell’ipocrisia – dovremmo trasformare questo in accoglienza dello straniero, del profugo, della vedova, dell’orfano. Non basta richiamarsi ai valori cristiani in modo generico, quando fa comodo, fregiarsi di portare sulla felpa croci svizzere o difendere a denti stretti il Salmo svizzero. L’essere cristiani non è una questione elettorale ma esistenziale.

Chiesa cattolica svizzera

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