Lugano: don Luigi Pessina di Comunione e Liberazione sugli auspici della Lettera pastorale

Sono molto grato a mons. Lazzeri per la lettera che ci ha scritto. Malgrado la sua brevità, essa contiene una provocazione forte e una proposta decisiva per la ripresa del nostro cammino. Non delle cose da fare, ma un metodo, cioè una strada per affrontare questo timido inizio dopo il confinamento. Ci dice di vigilare perché la nostra vita cristiana non torni ad essere «normale». E che ci sarebbe di male? Non desideriamo tutti riconquistare la normalità? Qui sta il punto: la consapevolezza della nostra fragilità e dell’essere mortali emersa in questa pandemia, ha aperto anche una più grande consapevolezza del bisogno di Cristo, e ha riacceso il desiderio di sperimentare la concretezza della sua salvezza nella nostra vita, oppure ci spinge solo a riconquistare l’illusione del controllo sulla realtà, fosse anche attraverso la compilazione delle nostre agende pastorali? Non siamo noi a suscitare o a organizzare la presenza salvifica del Signore, ma è Lui che ci sorprende e si rende presente in ogni circostanza: «Egli ha sempre le mani nella pasta di questa nostra storia accidentata e complessa e non cessa mai di volerne fare una storia di salvezza» ci dice il nostro vescovo. Per questo occorre vigilare più che organizzare e ritrovare il fondamento nel «realismo del nostro riferimento all’opera dello Spirito di Cristo nella nostra storia, nel nostro quotidiano». È solo l’esperienza concreta della grazia dello Spirito di Cristo che guarisce il nostro cuore dalla paura, rispetto alle sfide della vita e alla morte, che ci libera dal sospetto e dall’essere centrati su noi stessi. Solo un cuore mendicante di questa vittoria e di questa liberazione può portare nel mondo una vera novità: di fiducia, di «consegna di noi stessi» e di «gioia di scoprirci in relazione, in comunione».

Don Luigi Pessina, responsabile diocesano di Comunione e Liberazione

Chiesa cattolica svizzera

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