Ticino, due parroci sulla ripresa delle S. Messe: «Per essere di nuovo comunità, ripartiamo dall'accoglienza»

«Accogliere la gente che fa ritorno a «casa», con il sorriso sulle labbra e soprattutto con le parole giuste». Così ci racconta i suoi sentimenti don Carmelo Andreatta, arciprete di Locarno, nel giorno della ripresa delle Messe con il popolo. Chiacchierando con lui, ci accorgiamo subito di come le ultime ore, prima della ripresa delle messe, siano state concitate, piene di attese e di voglia di rivedersi. Il mercoledì sera, don Carmelo lo ha dedicato tutto a «istruire» la decina di volontari laici di Locarno che si sono messi a disposizione per aiutare i sacerdoti nel non evidente lavoro di applicazione delle norme di sicurezza: «Dopo due mesi non si può pensare che la gente ritorni in chiesa come se nulla fosse; piuttosto è logico immaginare che siano tutti un po’ disorientati. Per questo a Locarno, come penso altrove, abbiamo deciso di puntare sull’accoglienza», ci dice.

Intanto in queste ultime settimane si è parlato di come, nell’emergenza, i sacerdoti abbiano cercato modi nuovi per avvicinarsi alla gente: chi via whatsapp, chi chiamando di frequente gli anziani della propria parrocchia, altri ancora con le celebrazioni e i dibattiti via streaming su piattaforme interattive. Abbiamo invece raccontato meno della prossimità dei fedeli stessi ai sacerdoti della loro comunità. «Sono commosso», ci confida don Carmelo. «La gente si è fatta sentire, eccome: dai parrocchiani che ci hanno raggiunto in casa parrocchiale con il pranzo bell’e pronto, a chi ha versato cospicue donazioni, pensando ai tanti bisogni della parrocchia; chi ha provveduto a saldare il conto per i fiori della chiesa, soprattutto per Pasqua e poi per abbellire la cappella della Madonna nel mese di maggio».

I fiori: a Locarno, in Collegiata, non c’è stato giorno senza un fiore all’altare. «Abbiamo pensato, da subito, che la chiesa dovesse rimanere, anche senza le messe, un luogo in cui incontrare luce e bellezza», prosegue don Carmelo. E tutta questa bellezza è letteralmente esplosa nel corso della prima messa di giovedì 28 maggio, negli sguardi, nei gesti discreti, nei sorrisi. È lo stesso don Carmelo, prima che la celebrazione abbia inizio, ad attraversare le navate della chiesa, per fermarsi, a debita distanza, accanto ai fedeli, porgere loro un cenno di saluto, esprimere la gioia di rividerli. L’impressione che si ha, a osservarli, è quella di una Chiesa che ha tanta voglia di vincere l’isolamento attraverso la fede, una Chiesa che vuole e ricerca quell’unità – come ricorda poi don Julian, vicario parrocchiale, durante l’omelia che si realizza quando «tutti collaborano per il benessere di tutti».

A Lugano, giovedì mattina, a celebrare davanti ad una quarantina di fedeli la prima messa in Sant’Antonio, si sono presentati sia il parroco don Aldo Aliverti che il direttore dell’Oratorio don Emanuele Di Marco. «Il valore della comunità – commenta don Aldo – è fondamentale sia per il parroco, che è pastore, sia per i fedeli che non lo devono lasciare solo nel compiere la sua missione». Pensando a quello che assomiglia ad un vero e proprio «nuovo inizio», don Aldo si dice felice della ripresa del culto con la comunità, dopo un lungo periodo in cui i fedeli hanno dovuto «accontentarsi » delle celebrazioni trasmesse attraverso i canali mediatici, «che sono mezzi che rendono un buon servizio ma non coincidono con il profondo significato di comunione della messa. La tecnologia aiuta, ma la presenza fisica è un’altra cosa».

Dall’altra parte, don Aldo ci manifesta un po’ di preoccupazione per le modalità con cui le Messe devono essere celebrate. «Mettere in atto il necessario protocollo di sicurezza non è evidente, ma confido nella disponibilità dei volontari», sottolinea. Infine, il parroco conta anche sulla responsabilità dei singoli: «Penso che la maggior parte dei parrocchiani sia contenta di poter di nuovo partecipare all’Eucaristia «in presenza», dato questo lungo tempo di isolamento. Sono anche certo che alcune persone «a rischio» hanno ben capito la situazione e troveranno modalità diverse per seguire la messa, rimanendo a casa. Il vescovo ha comunque dispensato dal precetto festivo». «La speranza – conclude – è che ognuno di noi si senta chiamato ad essere più solidale e meno individualista. Siamo tutti invitati a riflettere sui cambiamenti di vita e di pensiero che il coronavirus ci ha costretto a compiere».

Laura Quadri e Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/ticino-due-parroci-sulla-ripresa-delle-s-messe-per-essere-di-nuovo-comunita-ripartiamo-dallaccoglienza/