Budapest: frontiera dell'umanità

di Ernesto Borghi

Questa sera, come documentato dalle due fotografie allegate, sono passato con i miei familiari dalla stazione Keleti a Budapest e quello che abbiamo visto nell’atrio della metropolitana ci ha stretto fortemente il cuore. Non abbiamo documentato fotograficamente lo spettacolo tragico per ovvie ragioni di rispetto nei confronti delle persone anziane, più giovani, dei ragazzi e dei bambini che abbiamo visto prepararsi a trascorrere una nuova notte senza sapere nulla del proprio destino futuro.
Molti bambini, anche piccolissimi, giocavano con i giocattoli a loro disposizione tra quello spazio della metropolitana budapestina e l’area antistante la stazione ferroviaria ed è sperabile, ma tutt’altro che improbabile, che non riportino tracce psicologiche troppo devastanti e permanenti di quanto stanno subendo.
Gli sguardi delle altre donne e degli altri uomini, tra le tende da campo e le coperte stese per terra, hanno segnato notevolmente noi, «turisti» fortunati di ritorno da una giornata trascorsa ad Eger incontrando un’amica rivista dopo ventiquattro anni, unita a me dal fatto di essere stati insieme borsisti della Confederazione Elvetica all’Università di Fribourg negli anni 1990-1991. In quegli anni, caduto da poco tempo il muro di Berlino, si sperava che l’Est europeo potesse avere un futuro di libertà e prosperità che non incarnasse anche le storture drammatiche di certo economicismo e consumismo occidentale (speranze che, spesso, sono rimaste del tutto irrealizzate). Che cosa possiamo fare noi, cittadine e cittadini comuni, per aiutare chi abita il Sud del mondo a vedere un futuro diverso per sé e per i propri cari, senza nuove «colonizzazioni» di sorta? Destiniamo le risorse che riteniamo traibili dai nostri redditi a progetti di promozione umana più generosamente verso quelli che concernono Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Non solo.
Cerchiamo di educare figli, nipoti, comunque le giovani generazioni (quello che i miei figli hanno visto anche questa sera e quanto noi abbiamo spiegato loro dovrebbe andare in questa direzione) ad un interesse più concreto e liberante verso coloro che abitano il Sud del Mondo a cominciare, magari, da parenti e amici di stranieri terzomondiali che vivono accanto a noi nelle nostre città, paesi e villaggi…E speriamo di poter aiutare tanti, tantissimi ragazzi e giovani dei Paesi in difficoltà di Africa, Asia e varie zone dell’America Latina (come anche, probabilmente, di non pochi quartieri delle nostre periferie) ad avere chances di formazione scolastica ed universitaria, analoghe a quelle che avemmo, noi europei, latino-americani, africani ed asiatici più o meno fortunati, come borsisti in Europa ed America del Nord molti anni fa…

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Chiesa cattolica svizzera

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