Mostra al femminile «Le donne premi Nobel per la pace»

Hanno in comune l’impegno per la pace e contro ogni tipo di violenza: sono le 17 donne insignite del Premio Nobel per la pace, alle quali è stata dedicata una mostra intitolata «Nostra Sorella Pace» nella chiesa Battista situata in via Dufour 13 a Lugano. È stata inaugurata la scorsa domenica 8 marzo in occasione della giornata delle donne. L’esposizione è presa «in prestito» dal Coordinamento Donne Val Pellice, della chiesa valdese, che l’ha allestita e promossa.

«È stata l’occasione per dar voce al femminile e per rimettere sotto i riflettori l’importante ruolo delle donne nel trasmettere e testimoniare la pace», ci spiega il pastore Angelo Reginato. Dalla baronessa austriaca Bertha Sophie Felicita von Suttner – la prima donna a ricevere il Nobel per la pace nel 1905, autrice di una delle prime opere sulle tematiche pacifiste radicali, fino a Nadia Murad, l’attivista per i diritti umani irachena yazida rapita e tenuta in ostaggio dallo Stato Islamico, premiata nel 2019 per i suoi sforzi per mettere fine alle violenze sessuali nei conflitti armati e nelle guerre, passando per la missionaria Madre Teresa di Calcutta (Nobel nel 1979), per la sua vita dedicata ai più poveri, e la giovane pakistana Malala Yousafzai (premiata nel 2014), per la sua lotta per il diritto all’istruzione di bambine e bambini, e altre ancora: tutte hanno lasciato il segno con le loro azioni e con le loro vite.

Nei pannelli, oltre a proporre una breve biografia delle vincitrici dei premi Nobel per la pace, viene evidenziato ciò che le caratterizza. Emerge in questo modo la pluralità di culture, fasce d’età, religioni alle quali appartengono queste donne, impegnate però tutte con lo stesso obiettivo: costruire legami di pace, come evidenzia il pastore Angelo Reginato. L’esposizione intende fare memoria di questo impegno, affinché oggi ognuno di noi possa raccoglierne il testimone.

La mostra avrebbe dovuto essere visibile anche nei prossimi giorni, ma l’iniziativa è per il momento sospesa per l’emergenza Coronavirus.

Katia Guerra

 

Chiesa cattolica svizzera

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