Libano, cardinale Raï ai politici: non speculate su religione per sete di potere

La voce del cardinale Raï si è levata con parole dure di denuncia verso la classe politica, accusata di opportunismo, durante l’omelia della Messa celebrata a Beirut, nell’Università di St Joseph, in apertura dell’Anno accademico, nel 145mo di fondazione nel 1875 dell’ateneo cattolico ad opera dei Gesuiti. Una cerimonia che ha celebrato anche il prossimo centenario dello Stato del Grande Libano, istituito nel 1920 sotto il mandato della Francia, da cui si renderà indipendente nel 1943. A quella data risale il Patto nazionale, che sancisce la divisione delle cariche fra i principali gruppi religiosi, recepita anche dalla Costituzione libanese, prevedendo che il presidente sia cattolico maronita, il primo ministro sia musulmano sunnita, il presidente del parlamento sia musulmano sciita, il comandante delle Forze armate sia maronita e altri alti funzionari siano greco-ortodossi o drusi.  

Già alla sua nascita lo Stato libanese  configurava la sua particolarità nell’area del Medio Oriente, quale enclave di pacifica convivenza tra cristiani e musulmani. Un modello di governo ancora valido, messo a dura prova nell’attuale scenario mediorientale, ma che va difeso e tutelato anche dai possibili squilibri migratori, come sottolinea il cardinale Béchara Boutros Raï nell’intervista a VaticanNews.

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Chiesa cattolica svizzera

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