Il cuore del Papa nell’Argentina dei «quattro Martiri»

È tutto pronto nella provincia argentina di La Rioja per il «memorabile evento». «L’inno dei quattro martiri» è stato provato e riprovato dal coro che lo eseguirà nella messa di beatificazione di fronte al popolo che convergerà nella povera provincia argentina da ogni punto del paese. Anche le quattro tende, una per ciascuno dei beati, sono al loro posto e sono state inaugurate ieri martedì 23 aprile dal nuovo vescovo di La Rioja Dante G. Braida. Dal quel momento si succedono conferenze, presentazioni di libri, pièce teatrali, manifestazioni artistiche, film, concerti, mostre fotografiche, il tutto ispirato da e ad Angelelli, Murias, Longueville e Pedrenera, vescovo il primo, religioso il secondo, sacerdote il terzo e laico il quarto, a rappresentare idealmente tutte le vocazioni ordinate della Chiesa cattolica.

Poi la lunga veglia che inizierà attorno alla mezzanotte di venerdì 26 aprile con la camminata di sette chilometri dalle porte della cattedrale al parco cittadino, e che terminerà la mattina di sabato 27, per lasciare spazio alla cerimonia di beatificazione vera e propria presieduta dal cardinale Giovanni Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, da poco meno di un anno. A nome di Papa Francesco, beninteso, che a tutti gli effetti può essere considerato il grande sponsor dei nuovi beati argentini.

«Papa Francesco conobbe Angelelli come provinciale gesuita e in quegli anni ha visitato la diocesi dove lavoravano dei sacerdoti della sua congregazione, alcuni dei quali hanno anche patito la persecuzione e il carcere in quei giorni», racconta Marcelo Colombo, oggi arcivescovo di Mendoza e a lungo vescovo di La Rioja, un altro grande promotore della beatificazione cui assisteremo tra qualche giorno. Colombo ricorda che «nel 2006, in occasione del 30° anniversario dell’assassinio di Angelelli, Bergoglio presiedette le celebrazioni con la partecipazione di molti vescovi e sacerdoti. La sua omelia di allora fu eloquente. La ricordano tutti con emozione».

Fu ancora Bergoglio che nella sua qualità di presidente della Conferenza episcopale argentina decretò la creazione di una commissione d’indagine sulla vita e la morte dei quattro prossimi beati. Sempre a Bergoglio si deve la ricerca e l’invio alla magistratura di due lettere che il vescovo argentino Angelelli aveva con sé al momento di essere assassinato, mandate in copia al Vaticano alcuni giorni dopo, e fatte avere dal Papa al tribunale che ha condannato all’ergastolo i militari Menéndez, Estrella e Vera nel febbraio del 2013. «Nella causa di monsignor Angelelli è stata decisiva l’incorporazione di due documenti che il Papa ci ha inviato perché li presentassimo davanti ai tribunali argentini», ebbe ad affermare il vescovo Colombo.

Il suo successore, il vescovo Braida – anche questa una nomina di Papa Francesco – ha messo l’intera diocesi di La Rioja in «stato di beatificazione» e «fatto estensiva a tutta la Chiesa in Argentina l’invito ad unirsi al popolo di Dio affinché le testimonianze di Angelelli, Wenceslao, Carlos e Gabriel ci spingano anche oggi a porre «un orecchio al Vangelo e un altro al popolo»» per citare una famosa frase attribuita a monsignor Angelelli.

Breve biografia dei quattro martiri

Chiesa cattolica svizzera

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