Suor Veronica Openido: la via della trasparenza anche a Sud del mondo

«Al presente viviamo uno stato di crisi e di vergogna. Abbiamo gravemente offuscato la grazia della missione di Cristo. È possibile per noi passare dalla paura dello scandalo alla verità? Come togliamo le maschere che nascondono la nostra scandalosa negligenza? Quali politiche, programmi e procedure ci condurranno a un punto di partenza nuovo, rivitalizzato, caratterizzato da una trasparenza che illumini il mondo con la speranza di Dio per noi nell’edificare il Regno di Dio?». Dopo la relazione di ieri pomeriggio, è un’altra donna a parlare nella prima relazione della terza giornata dell’incontro in Vaticano sulla protezione dei minori, suor Veronica Openibo, superiora generale della Società del Santo Bambino Gesù.

Il cristianesimo si fonda sul rispetto della dignità umana

Le domande che si pone nel suo intervento su «Apertura al mondo come conseguenza della missione ecclesiale» partono dalla constatazione che «il cristianesimo cattolico è fondato sulla fede di un Dio che ha scelto di essere una cosa sola con il mondo umano». Cristo è Dio e uomo e questo implica «un’accettazione totale di tutto quanto è umano e di tutto ciò che fa il potere della grazia di Dio per trasformarci in testimoni del divino». «La nostra visione del mondo», quindi, «se cristiana, deve essere basata sul rispetto e la dignità di ogni essere umano».

Lacrime di dolore per i bambini vittime di abuso

Una dignità calpestata dagli abusi commessi dal clero, come quelli avvenuti nella diocesi di Boston, denunciati dal Boston Globe e dal film Spotlight. Pensando a quei bambini «ho versato lacrime di dolore», dice suor Veronica, chiedendosi come la Chiesa abbia potuto tacere e coprire quei crimini. «Il silenzio, i segreti portati nel cuore di quanti avevano commesso abusi, la durata degli abusi e i costanti trasferimenti degli autori degli stessi sono inimmaginabili», ribadisce. «Con cuore pesante e triste, penso a tutte le atrocità che abbiamo commesso come membri della Chiesa. E dico noi, non dico loro», afferma. «Dobbiamo riconoscere che sono la nostra mediocrità, ipocrisia e compiacenza ad averci condotto in questo luogo vergognoso e scandaloso in cui ci ritroviamo come Chiesa».

I progressi compiuti finora

L’assunzione di responsabilità di suor Veronica non nega tuttavia i progressi compiuti finora: «Possiamo dire che la Chiesa ora sta adottando misure per arrestare la situazione, ma anche per essere più trasparente riguardo a tutto quanto fatto privatamente per oltre due decenni, come incontrare le vittime di abusi sessuali, denunciare i casi alle autorità civili competenti e istituire commissioni. La domanda oggi riguarda più come affrontare la questione degli abusi sessuali sui minori in modo più diretto trasparente e coraggioso come Chiesa».

Una questione che riguarda anche il Sud del mondo

Impegnata come educatrice in ambito pastorale e sociale, suor Veronica ha studiato in America e a Roma e ha lavorato per nove anni in Nigeria, suo Paese natale. Sa quindi che la questione degli abusi non riguarda solo il cosiddetto «Nord del mondo», ma anche l’Africa e l’Asia, e lei stessa ha avuto testimonianze di abusi da parte dei sacerdoti durante il suo impegno missionario. «Il fatto che vi siano grandi problemi di povertà, malattia, guerra e violenza in alcuni Paesi del Sud del mondo», spiega, «non significa che il tema degli abusi sessuali debba essere sminuito o ignorato».

Nessuna protezione per i chierici che commettono abusi

«Non nascondiamo più simili fatti, per paura di sbagliare. Troppo spesso vogliamo stare in silenzio finché la tempesta non passerà! Ma quella tempesta non passerà. È in gioco la nostra credibilità», afferma suor Veronica, che ribadisce che «tutti i responsabili, a prescindere dal loro status clericale, che sono giudicati colpevoli devono ricevere la stessa pena per gli abusi sui minori», abbandonando la prassi, comune in passato e ancora presente in alcuni parti del mondo, di proteggere «uno di noi» ed evitare lo scandalo.

Vittime trattate come oggetti, non come persone

«Segreto, silenzio e sostegno», sono i tre comportamenti da evitare. «La scusa che si debba rispetto ad alcuni sacerdoti in virtù della loro età avanzata e della loro posizione gerarchica è inaccettabile». «Possiamo provare dispiacere per coloro che, quando erano più giovani, hanno commesso offese che ora vengono portate alla luce», spiega suor Veronica, ma, pur credendo nel pentimento del peccatore, «il mio cuore sanguina per le molte vittime che hanno vissuto per anni con il malriposto senso di vergogna e di colpa a causa di ripetute violenze. In alcuni di questi casi, gli autori delle offese non hanno nemmeno visto le vittime come persone, bensì come oggetti».

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Chiesa cattolica svizzera

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