Mons. Lazzeri: «C'è bisogno di comunione e di superare le diffidenze»

Mons. Valerio Lazzeri il 4 novembre 2013 veniva nominato vescovo di Lugano. La consacrazione sarà successiva, il  7 dicembre 2013. Lo stesso giorno prenderà possesso canonico della Diocesi. A 5 anni dalla nomina avvenuta nella festa di San Carlo Borromeo, patrono della Diocesi, il vescovo ha condiviso con la nostra redazione alcune impressioni sulla Chiesa guidata da Francesco, sulla Diocesi di Lugano, sulle sue scelte di vescovo, sui momenti lieti e quelli meno lieti del suo episcopato, tutti affidati alla preghiera.

Eccellenza, dopo 5 anni di episcopato nei quali tutta la Chiesa ha vissuto l’Anno Santo della misericordia, i Sinodi sulla famiglia e ora il Sinodo dedicato ai giovani, dove sente che il Papa vuole condurre i cattolici, anche in mezzo ai moti e alle turbolenze delle ultime settimane?

La mia percezione è che il Santo Padre stia facendo molto affinché nella Chiesa vengano rimossi tutti gli ostacoli che possano dare l’impressione di essere esclusi dalla gioia del Vangelo. La complessità in cui siamo immersi sembra spingerci alla ricerca di soluzioni sempre più articolate e sofisticate ai problemi che si pongono in tutti gli ambiti della vita umana. Sollecitandoci a sviluppare a ogni livello l’arte del discernimento secondo lo Spirito, ci rafforza nella fiducia di poter incontrare il Dio vivente, assolutamente semplice e operante, nel concreto della nostra storia, con tutte le sue ferite e contraddizioni.

Dal punto di vista pastorale, quali sono gli aspetti più significativi della proposta che lei sta portando avanti con i suoi collaboratori?

Quali siano gli aspetti più significativi non devo dirlo io. Posso dire quelli che mi stanno più a cuore e che fin dall’inizio ho cercato di approfondire. Tra i prevalenti, c’è senz’altro la preoccupazione per la qualità umana e spirituale della vita degli operatori pastorali, dei presbiteri in particolare. Ho tentato di fare qualcosa per alimentare il loro impegno, le loro motivazioni profonde, le loro sorgenti interiori. Tutto questo in vista di un obiettivo che dobbiamo continuamente tenere davanti agli occhi, anche se arduo e non facile da perseguire: la collaborazione interparrocchiale, le reti pastorali. Riconosco che la strada è appena avviata e può sembrare ancora incerta, ma occorre perseverare. C’è poi l’accompagnamento dei giovani nella scoperta della bellezza della vita cristiana e della pratica della fede attraverso i ritiri e gli incontri del sabato. Un altro fatto che di anno in anno si sta sviluppando è il cammino di un bel gruppo di famiglie che a livello diocesano s’incontrano per formarsi e crescere nella scoperta della loro particolare vocazione. Ho cercato anche di promuovere e sostenere alcune iniziative di incontro tra i movimenti, le associazioni, i gruppi e tutte le realtà vive della diocesi.

Abbiamo bisogno di continuare a esercitare la comunione, il superamento di ogni forma di diffidenza, di paura di aprirci all’altro già dentro il nostro ambito ecclesiale!

In questi 5 anni di episcopato lei ha vissuto con i suoi diocesani dei momenti sicuramente lieti, ma anche taluni tristi, pensiamo alla recente chiusura del Giornale del Popolo. Che posto hanno nella preghiera di un vescovo le gioie e i dolori del ministero, le sfide e anche i fallimenti, che ci sono per tutti? 

Tutto quello che accade, da un certo punto di vista, coopera alla nostra personale santificazione e alla crescita della nostra capacità di irradiare il Vangelo. Certo, ci sono cose che non vorremmo mai che capitassero perché, a nostro giudizio, oggettivamente contrarie alla manifestazione del Regno di Dio. Quando però queste avvengono, occorre fare di tutto per sviluppare uno sguardo sapienziale capace di abbracciare tutta la vita, senza escludere da essa alcuna componente, per quanto negativa. La preghiera, in questo senso, è davvero la grande risorsa del vescovo, di ogni pastore, ma anche di chiunque porta una responsabilità verso gli altri, verso la famiglia, la comunità, la società.

Non possiamo fare tutto quello che dovremmo. Possiamo però sempre ospitare tutto e dare a ogni cosa dentro di noi la possibilità di purificarsi, crescere, compiersi nella luce di Dio. Siamo chiamati a offrire il nostro cuore come luogo dove la storia intera può rinnovarsi e avere un nuovo inizio. Sempre.

 Le chiediamo un’anticipazione del tema della prossima lettera pastorale, che sappiamo essere in preparazione…. 

Vorrei completare il ciclo degli elementi naturali. Così dopo il fuoco, l’acqua e l’aria, rimane naturalmente la terra, questa realtà che abitiamo, di cui siamo fatti e da cui ricaviamo il necessario per vivere. La terra è il suolo su cui poggiamo i piedi, è l’humus della nostra condizione umana, il contatto con il concreto che ci permette di fare, nell’umiltà, l’esperienza dell’Infinito. La pagina biblica sarà quella di Naaman il Siro al capitolo 5 nel secondo libro dei Re.

In Ticino si sente discutere da tempo del problema finanziario di molte parrocchie. Sarà possibile affrontare in futuro uno studio per proporre nuove forme di finanziamento delle parrocchie? Ci sono delle ipotesi di lavoro e quali?

Gli aspetti finanziari della vita delle nostre parrocchie non sono certo da sottovalutare. Non è un mistero, che per varie ragioni diverse di esse si trovino confrontate con delle difficoltà. La diocesi non manca di dare supporto e di accompagnare le varie iniziative dei consigli parrocchiali volte a farvi fronte. Un discorso più globale non è ancora stato intrapreso. È un fatto che sia sempre più difficile trovare persone competenti, disponibili ad assumersi responsabilità amministrative a livello parrocchiale. È un discorso aperto. Sono convinto, però, che alla radice ciò che è da favorire primariamente è il senso di appartenenza dei cattolici a un organismo la cui buona salute dipende irrinunciabilmente dalla vitalità e dal coinvolgimento generoso di ogni singolo membro.

 

Chiesa cattolica svizzera

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