Simona di ACN sulla liberazione di Asia Bibi

Che significato ha, anzitutto, questa sentenza per il mondo cristiano pakistano?

«Prima di tutto si tratta di una buona notizia, ma fa anche  riflettere: qualsiasi persona, indipendentemente dalla confessione religiosa, in Pakistan può ritrovarsi, a causa della legge, nella medesima situazione; è infatti negata la libertà di religione. Ma penso che la dichirazione di innocenza di Asia Bibi possa ora fare strada».

«Bisogna anche pensare che per le autorità pakistane non è facile gestire situazioni simili, in quanto subiscono la fortissima pressione dei gruppi fondamentalisti, che spesso accusano altri di blasfemia, lasciando allo Stato il compito di giudicare. Si trattà di una realtà estremamente complessa».

Cosa può succedere ora?

«Difficile dirlo, ma nel peggiore dei casi potrebbero esserci delle controreazioni violente dei gruppi fondamentalisti. Per quanto concerne Asia Bibi, non so dire in che stato sia ora, avendo convissuto per anni con la prospettiva della morte. Per lei sarà sicuramente difficile rientrare nella vita quotidiana. Anche la sua famiglia ha vissuto un dramma intenso, essendo separata da lei per anni. Su questi fatti esprimiamo e continueremo ad esprimere la nostra solidarietà e a nostra comprensione».

«Ma forse c’è anche un pericolo latente: abbiamo spesso descritto Asia Bibi come una martire, il che non è male – sottolinea la sua intensa sofferenza – ma può anche suscitare troppe aspettative nei suoi confronti. Ci sono, ripeto, tantissime persone che in Pakistan vivono la medesima situazione, persone normali, che hanno come unica «colpa» quella di appartenere a una minoranza religiosa. Resta certo che Asia Bibi ha una grande croce da portare, che non diminuisce con il suo rilascio».

Chiesa cattolica svizzera

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