Un ragazzo di 12 anni malato di cancro e l'economia dello scarto

Ci si sente sgomenti davanti a quanto accade in queste ore, dove nella Svizzera italiana per un cavillo giuridico una Cassa Malati si è rifiutata di pagare un trattamento ad un bambino ticinese malato di cancro. Si resta ancora più sgomenti ad apprendere dalla stampa locale (vedi, in specie la Regione) che la famiglia ha dovuto affrontare già grossi sacrifici economici nei mesi scorsi per pagare le cure necessarie al figlio. Molti ticinesi in queste ore hanno risposto generosamente all’appello dei genitori del ragazzo donando diverse migliaia di franchi (la Regione oggi parla di 20 mila franchi). Una generosità bellissima. Abbiamo una sanità cara, paghiamo per le Casse Malati premi altissimi consapevoli tutti quanti che le stesse Casse Malati non piangono certo miseria. Ora, possibile che in queste Casse Malati non ci sia un fondo emergenze da cui attingere mentre nel frattempo si valuta come trovare una eventuale soluzione al cavillo legale di un caso come questo, che da quanto si capisce, non rappresenta un’eccezione?

Non mi intendo di Casse Malati e forse starò scrivendo una sciocchezza, ma ho come l’impressione che occorra riappropriarsi a questo e altri livelli della parola «solidarietà» a cui aggiungerei accanto l’espressione «creativa». Non si può infatti pensare un sistema sanitario vero, un sistema umano che rispetti il senso della parola umanità, se non impariamo tutti, in questo ed in altri esempi, ad inserire nei nostri calcoli e nei nostri budget un po’ più spesso anche la variabile «solidarietà». Che non vuol dire sperperare risorse, ma come ricorda un grande economica (Amartia Sen) concedere opportunità a chi ne ha meno di altri. Le opportunità non corrispondono a buttare via soldi, sono piuttosto un’occasione in più data al futuro, del singolo e della società. Senza lo sviluppo di opportunità non si sviluppa l’economia, la vita, la società. A questo punto mi sorte spontanea una domanda:   ma noi occidentali nel futuro ci crediamo ancora? Oppure, non è che l’essere diventati una società sempre più ad invecchiamento «garantito», ci rende talmente timorosi e incapaci di guardare alla vita come una opportunità su cui scommettere, da  restare intrappolati dentro i cavilli (anche fondati legalmente, ci mancherebbe), di «un’economia consumistica dello scarto», come direbbe il Papa, «un’economia dello scarto» i cui paradigmi purtroppo si insinuano sempre più nel pensare comune. Possibile che non si riesca ad avere una solidarietà anche «creativa» da auspicarsi non tanto nel buon cuore generosissimo della gente, ma nelle strutture stesse che hanno generato questa  situazione? Riuscirà questa impostazione  a trasformarsi nel futuro? C’è da sperarlo, altrimenti casi come questo si moltiplicheranno, probabilmente con variabili di vario tipo ma tutte riconducibili al medesimo paradigma. In fondo questa vicenda ci dice che per ora vale più il cavillo legale dell’uomo che abbiamo davanti.

Buona giornata

Chiesa cattolica svizzera

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