Da Ginevra l'Ecumenismo in uscita di Francesco

È il tempo di un cammino comune, che metta in rilievo quello che unisce nel rispetto delle specificità di ognuno. Mi sembra che possa essere questa la cifra del primo dei due incontri ecumenici che il Papa sta vivendo a Ginevra. In fondo è quello che si è colto dall’evento di questa mattina nella sede del Consiglio ecumenico delle Chiese. Un incontro scandito dal motto della visita «camminare, pregare e lavorare insieme«. Un motto che ben tratteggia il cuore del dialogo tra comunità e Chiese sorelle secondo Francesco: in movimento, affidandosi allo Spirito, concretamente auspicato «in uscita», «insieme verso il mondo contemporaneo e con il mondo di oggi».

Non ci sono primi della classe nella proposta di Francesco, ma ci sono cristiani che -fianco a fianco- vanno insieme incontro agli uomini e alle donne di oggi nei grandi e drammatici scenari della storia. Le Chiese «insieme camminano, pregano e lavorano» -si potrebbe dire capovolgendo il motto della giornata- per stare nella storia e contribuire alla pace e ai grandi valori che l’umanità oggi rischia di perdere. Ci sono sicuramente dei dossier sul piano etico e sociale che evidenziano punti divergenti, ma ce ne sono molti altri, urgentissimi, dove il sentire comune delle Chiese già si esprime e si esprimerà insieme e con ulteriore attenzione, grazie anche a questo approccio del Papa fatto di tanti incontri diretti messi in atto in questi 5 anni di Pontificato con molti leader di Chiese cristiane e dalla sottoscrizione di importanti dichiarazioni congiunte che sempre hanno messo al centro sfide sociali importanti, da affrontare insieme. Il frutto si vede in quelle azioni comuni sul fronte dei migranti, della difesa del creato minacciato, senza dimenticare il valore della libertà religiosa laddove è in pericolo. Il Papa al CEC questa mattina ha preso a prestito le parole che l’Apostolo Paolo ha rivolto ai Galati divisi in fazioni. Per Bergoglio «camminare insieme secondo lo Spirito è rigettare la mondanità», dunque scegliere la logica del servizio e progredire nel perdono. In altri termini questo oggi può significare la rinuncia a quell’atteggiamento del passato che ha prodotto delle divisioni tra i cristiani a partire da una logica avversa alla carità, che è quella di un interesse personale, di parte. Ecco allora che si comprende l’espressione usata dal Papa oggi per definire l’ecumenismo: esso è «un lavorare in perdita» contro la mondanità; detto in positivo è «scegliere in nome del Vangelo il fratello piuttosto che sè stessi e i propri interessi». La sfida che ci pare di cogliere dal Papa è quella di una Chiesa e di Chiese insieme in uscita. Francesco ha definito questa scelta di campo, un po’ in attacco se pensiamo al calcio, «un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei confronti del mondo». Se si guarda con realismo la storia, non si può dare torto al Papa argentino: laddove il dialogo teologico sembra infatti perdersi nei meandri di tematiche lontane dalla vita reale della gente, non poco è il lavoro comune a favore dell’uomo che fa progredire il dialogo tra le Chiese, la vicinanza concreta di cristiani di confessioni diverse, la pace nel mondo.  C’è in gioco, in questa scelta di campo per una Chiesa in uscita, in fondo, anche l’immagine stessa delle Chiese e del loro rapporto con un’umanità che chiede coerenza, vicinanza, prossimità e non troppe teorie che alla gente della strada sembrano sempre di più parole lontanissime. Questo «lavoro  in perdita» è l’ecumenismo di Francesco.Un ecumenismo «in uscita», affidato allo Spirito in cui lui crede e proteso a vivere una carità totale, laddove insieme -Chiese sorelle- possono collaborare al bene dell’umanità. «La fede – non dimentichiamo San Giovanni Paolo II- si rafforza donandola» (con  Bergoglio si potrebbe dire «donandosi«).

Qui il testo del Papa al CEC

Chiesa cattolica svizzera

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