Se si vogliono distruggere istituzioni o persone, si comincia a sparlare. Si usa la seduzione che lo scandalo ha nella comunicazione. Proprio da questa »comunicazione calunniosa», Papa Francesco mette in guardia stamani, nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta. (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
La sua riflessione parte dalla storia di Nabot narrata oggi nel Primo Libro dei Re (1Re 21,1b-16) e proposta come Prima Lettura. Il re Acab desidera la vigna di Nabot e gli offre del denaro. Quel terreno fa parte però dell’eredità dei suoi padri e quindi l’uomo rifiuta. Allora Acab che era «capriccioso», fa come i bambini quando non ottengono ciò che vogliono: piange. Poi, su consiglio della moglie crudele, Gezabèle, lo fa accusare di falsità, uccidere e prende possesso della sua vigna. Nabot – nota il Papa – è dunque un «martire della fedeltà all’eredità» che aveva ricevuto dai suoi padri: un’eredità che andava oltre la vigna, «un’eredità del cuore».
Francesco rileva, quindi, come la storia di Nabot sia paradigmatica della storia di Gesù, di Santo Stefano e di tutti i martiri che sono stati condannati usando uno scenario di calunnie. Ma è anche paradigmatica del modo di procedere di tanta gente, di «tanti capi di Stato o di governo». Si comincia con una bugia e, «dopo aver distrutto sia una persona sia una situazione con quella calunnia», si giudica e si condanna.
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