In Zambia il riscatto degli anziani

In un territorio molto sfruttato dalle multinazionali per i suoi minerali (soprattutto il rame), dove chi smette di lavorare finisce sistematicamente sotto la soglia di povertà, c’è anche chi offre un’alternativa. I Frati minori Conventuali si sono accorti che la condivisione del cibo e del vestiario non bastava più e hanno sviluppato un progetto di formazione e di sostegno agricolo per la generazione anziana lasciata ai margini perché non produttiva.

 

Nella parrocchia di San Kalemba, eretta poco più di 50 anni fa in Zambia, opera padre Richard Mwaba. Siamo in una piccola realtà (3.000 battezzati su una popolazione di circa 10mila abitanti composta per il 60% da vedove e bambini) inserita nel villaggio di Kapembe. «La maggior parte delle persone – racconta padre Richard – invecchia o è semplicemente vulnerabile, cioè vive in condizioni di estrema miseria. Nella comunità esiste un settore specifico dedicato agli anziani: sono cattolici e non cattolici sfidati economicamente e messi in ginocchio. Noi, come Chiesa locale, abbiamo deciso di sostenere le loro necessità quotidiane attraverso l’agricoltura. Cerchiamo di sviluppare politiche sostenibili e, soprattutto, durature nel tempo, puntando molto sulla sicurezza alimentare e utilizzando metodi e tecnologie accessibili a tutti e che non impoveriscano ulteriormente le persone. Per fare questo, nella prima fase abbiamo formato anche delle professionalità in grado di gestire il ciclo produttivo. Il viaggio con i nostri amici, gli anziani, è appena iniziato, ma abbiamo già intenzione di ampliare l’intervento».

 

Il team di lavoro si è consolidato e negli ultimi due anni ha potuto così presentare i risultati anche alle parrocchie circostanti, esponendo quanto raccolto all’annuale Mostra agricola del distretto di Manyinga. Così come è ben avviata la collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e del Bestiame.

 

L’iniziativa ha entusiasmato anche il leader locale che ha donato un pezzo di terra per il progetto.

 

Con pochi fondi si vuole, quindi, permettere di attrezzare quest’area per insegnare ai contadini, vicini e lontani, a coltivare diverse colture. L’idea è di introdurre l’«agricoltura conservativa» sperimentata dalla Fao: si caratterizza per la copertura permanente del terreno con materiale organico e con la diversificazione delle specie coltivate in sequenza o in associazione.

 

«Promuoviamo la rotazione o semplicemente cerchiamo la via di Dio. A lungo andare nessuno andrà a letto a stomaco vuoto. Abbiamo la certezza di distinguerci come modello di comportamento, stimolando un’agricoltura intelligente facile da gestire che risponde anche alle nuove sfide climatiche».

 

L’obiettivo è di permettere a 72 persone anziane di diventare indipendenti. Il metodo, però, richiede una preparazione teorica e pratica oltre all’acquisto dei materiali e, in prospettiva, di altri campi.

 

Il mais, le zucche, le cipolle e le patate rappresentano, quindi, i primi frutti dello sforzo e della tenacia dei Frati ma non sono certamente gli unici impegni della Chiesa per gli anziani. «Nella nostra attività – conferma padre Mwaba – abbiamo creato anche dei momenti informali per condividere con loro il tempo e per fare in modo che si sentano accettati e ancora amati. Abbiamo, inoltre, costruito dei semplici «rifugi» per accoglierli in maniera dignitosa. Non dimentichiamoci che qui nella missione ci sono anche molti bambini orfani affidati ai nonni a causa della morte dei genitori per il terribile flagello dell’Hiv». E, quando muoiono i nonni, la responsabilità e la cura di questi ragazzi ricade spesso e volentieri sulla comunità ecclesiale.

Luciano Zanardini – VaticanInsider

Chiesa cattolica svizzera

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