Oggi a Villavicencio il Papa proclama due nuovi beati – Parroco a ogni costo – Don Pedro María Ramírez Ramos

Nel suo viaggio in Colombia, il Papa beatifica a Villavicencio il sacerdote Pedro María Ramírez Ramos, soprannominato il «martire di Armero». Egli fu un sacerdote integro, di forte personalità, virtuoso e sempre attento ad aiutare e guidare coloro che gli erano stati affidati.

Nacque a La Plata il 23 ottobre 1899 e fu battezzato il giorno seguente dal padre Cayetano de las Maravillas, trinitario spagnolo. Tra i sette figli dei suoi genitori, due furono sacerdoti, Pedro María e Leonardo, che entrò nella Compagnia di Gesù.

Compì gli studi elementari nella scuola pubblica del paese e lì ricevette anche la prima comunione. A dodici anni entrò nel seminario minore dove studiò per quattro anni. Passò poi al seminario maggiore, ricevendo la tonsura e gli ordini minori, con l’idea di arrivare al sacerdozio. Ma poi, a vent’anni, ebbe dei forti dubbi sul suo avvenire e abbandonò il seminario. Per ben otto anni rimase nel mondo come professore, collaborando con alcuni parroci nella catechesi e nella musica. Aveva un’idea così alta del sacerdozio che si credeva indegno di riceverlo. Soffriva inoltre di forti dolori alla testa, che lo fecero soffrire durante tutta la vita.

Per un periodo Pedro María pensò anche a un possibile matrimonio. Di fatto era legato a una ragazza bella, prudente e di grande simpatia. Ma quella relazione non durò a lungo: infatti entrambi si resero conto che non era per loro la vita matrimoniale, e decisero, la ragazza di entrare in convento, mentre Pedro María di ritornare in seminario.

Nell’anno 1928, dopo l’invito dell’arcivescovo d’Ibagué, monsignor Rodríguez, riprese lo studio della teologia nel seminario maggiore della diocesi. Nel giugno 1930 ricevette il suddiaconato e in dicembre il diaconato. L’ordinazione sacerdotale, che ricevette con emozione e grandissima gioia, gli fu conferita il 21 giugno 1931.

Subito dopo Pedro María iniziò il ministero pastorale. Dieci giorni dopo l’ordinazione, il suo vescovo lo nominò coadiutore della parrocchia di Chaparral, dove era parroco padre Emilio Dávila, grande amico del neo-sacerdote. Sotto la direzione e con l’aiuto e la guida del parroco, Pedro María entrò in pieno nell’esperienza pastorale. Presto si fece conoscere dai suoi parrocchiani: era sempre pronto a visitare e aiutare quanti erano nel bisogno. Anche nella sua instancabile attività pastorale, Pedro María restava uomo di continua preghiera, ciò che per la gente era un segno di bontà e fiducia nei suoi confronti.

Nel luglio 1934 il vescovo, considerando che Pedro María era pronto e preparato per un altro incarico, lo nominò parroco di Cunday. Subito si mise a lavorare senza sosta: visite ai parrocchiani, agli ammalati, dedizione alle diverse associazioni, alla catechesi, e sempre guidato dalla sua vita di preghiera. Fu un parroco molto attivo e come tale riconosciuto dai suoi parrocchiani. La sua opera fece cambiare l’aspetto della comunità: la si vedeva più aperta, più serena, e più unita. Qui rimase fino al 1943 quando venne incaricato della parrocchia di El Fresno. Nel 1946 fu nominato parroco di Armero.

Bisogna dire che don Pedro María proseguì dappertutto la sua efficace pastorale, dimentico di se stesso, per il servizio e l’aiuto alle persone che gli erano state affidate. In ogni parrocchia, per testimonianza unanime dei fedeli, svolse il suo ministero con profondo spirito sacerdotale e intenso fervore apostolico, affrontando anche problemi difficili, specie ad Armero, come si vedrà. Era un’anima nobile, ricco di energia e amante della sincerità e della verità. Era convinto di essere venuto nel mondo non per pensare a se stesso e provvedere al particolare, ma al bene di tutti. Aveva una personalità ben definita; era corretto, franco, sincero, serio nel suo modo di essere e di agire, pieno di fervore ed edificante nella sua vita sacerdotale. Dai suoi nemici era accusato di essere intransigente davanti a certi costumi morali praticati dalle persone del suo ambiente. Infatti il suo temperamento era piuttosto serio, non molto cordiale, anche se nelle sue relazioni con gli altri fu sempre molto attento e rispettoso.

Il suo zelo non si limitava all’ambito della famiglia e della parrocchia, ma s’interessava pure dei problemi della nazione. Non parlò mai né si interessò di politica, limitandosi a omelie di natura pastorale e a predicare solo la fratellanza tra gli uomini, sottolineando come davanti a Dio non devono esistere differenze di alcuna natura.

Nominato nuovo parroco, arrivò ad Armero nel luglio 1946. Subito si rese conto dello stato di calamità spirituale che c’era nel paese e dei grossi problemi ai quali doveva cercare una soluzione: ignoranza, scristianizzazione forzata, diverse sette protestanti molto aggressive, intensa propaganda laicista, comunisti nemici dichiarati della Chiesa.

Preso possesso del suo nuovo ambiente pastorale, padre Ramírez si trovò ad affrontare problemi molto difficili, soprattutto a causa del poco spirito religioso e della massiccia propaganda protestante e laicista. In questa parrocchia lavorò con lo stesso ardente zelo che lo contraddistingueva per il bene dei suoi fedeli, non negando mai a nessuno il suo aiuto. Visse molto poveramente, accontentandosi del necessario; quello che possedeva non esitava un istante a donarlo a chi ne avesse bisogno. Molti cattolici tornarono alla fede e aumentò fortemente il numero di coloro che assistevano alla messa e ad altre funzioni religiose. Malgrado questo cambiamento benefico per i credenti, l’ambiente esterno del paese era sempre ostile alla Chiesa e alla religione.

Nell’aprile 1948 la situazione politica in Colombia era molto delicata a causa del confronto tra i due partiti più importanti, quello liberale e quello conservatore. Quando padre Pedro María il 9 aprile seppe che era scoppiata la rivoluzione, prevedendo il peggio, si allarmò fortemente e portò il Santissimo Sacramento dalla chiesa parrocchiale alla cappella del collegio delle suore eucaristiche. Si preoccupò pure di difendere le immagini sacre, i paramenti sacri, gli oggetti preziosi e anche la vita delle religiose, che aiutò a fuggire.

Dopo appena due ore si sentirono i primi tumulti di un attacco selvaggio alla casa parrocchiale. Una folla inferocita, con machete e armi, sfondò il portone ed entrò in cerca del parroco e delle presunte armi. Intanto i facinorosi distruggevano tutto. Furono poi alla casa delle religiose, dove padre Pedro María pregava davanti al Santissimo. Ma, affrontati dalla madre superiora, si allontanarono senza fare altri danni. Il giorno seguente il sacerdote celebrò la messa e uscì per assistere un ferito sulla strada. Al ritorno a casa, il sindaco della città lo pregò di non rientrare, essendo molto pericoloso, e così pure raccomandò alle suore. Ma egli non ascoltò il consiglio, sentendosi responsabile della sicurezza del Santissimo e anche delle religiose.

Alle 4 del pomeriggio si udirono fragorosi spari nella chiesa, invasa da orde di gente che urlavano alla ricerca del parroco. Mentre le suore cercavano protezione, don Pedro María se ne andò in cappella e prese come viatico l’ultima ostia consacrata che egli aveva conservato. Poi venne trovato dai persecutori ed egli si consegnò loro spontaneamente. Tra urla e insulti lo trascinarono dalla casa sulla pubblica strada, poiché dicevano: «Il prete non deve morire per un semplice sparo d’arma da fuoco, ma con una morte più dolorosa e spettacolare».

I facinorosi cominciarono a sfogarsi sul parroco con pugni, con bastoni, e, colpendolo con la lama del machete, arrivarono alla piazza della città. Intanto la folla inferocita lo aspettava assetata di odio e non cessava di chiedere la sua morte. Subito, un sicario gli assestò un tremendo colpo di machete alla testa. Il sacerdote cadde a terra, con uno sforzo supremo si inginocchiò e pulendosi il sangue dal viso chiese perdono al Signore per i suoi assassini: «Padre, perdonali. Tutto per Cristo».

Furono le sue ultime parole, sublime preghiera di perdono e di amore. Il corpo martirizzato di don Pedro María rimase ignominiosamente disprezzato in mezzo alla piazza fino al tramonto. Poi fu trascinato vicino al cimitero. Solo qualche giorno dopo vennero i suoi parenti e portarono via il cadavere per seppellirlo nella cappella di famiglia accanto alla mamma.

di Antonio Sáez de Albéniz, Postulatore

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