Parolin: «Anche chi scappa dalla povertà è un migrante forzato»

«Anche chi scappa dalla povertà è un migrante forzato e la comunità internazionale deve interrogarsi su come assicurare loro la protezione di cui hanno bisogno». È quanto ha affermato il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, nel corso dell’incontro organizzato dal Centro Astalli all’Università Gregoriana di Roma in occasione delle celebrazioni per la Giornata mondiale del Rifugiato e dal titolo: «Rifugiati: l’umanità non si arresta». Insieme al Porporato erano presenti Ferruccio De Bortoli, padre Federico Lombardi, il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti. L’incontro è stato aperto dall’attore Marco Baliani e una rifugiata venezuelana Melanny Hernandez ha letto un suo messaggio.

 Fra le cause dei grandi flussi migratori di questa stagione storica, il Cardinale ha indicato gli «oscuri disegni geopolitici e collegamenti a piani egemonici, finanziari e commerciali, al commercio di materie prime e di armi, con il contorno di criminalità, corruzione, violenza e connivenza che li rendono possibili; i legami giuridici ed economici non sempre equi fra le nazioni hanno contribuito a propagare rapidamente a livello globale la crisi finanziari». Il perdurare di tanti conflitti con il moltiplicarsi delle vittime civili e la povertà sono da considerarsi, secondo Parolin, le due grandi questioni all’origine della crisi migratoria, la cui soluzione può avvenire solo su un piano globale, con un ruolo crescente delle Nazioni Unite e della comunità internazionale.

 

Il Cardinale ha messo in luce il messaggio che il Papa ha lanciato all’Europa, cioè quello di recuperare una dimensione fondamentale del continente, ovvero la capacità di saper integrare «imparando a fare sintesi fra le diverse culture; l’identità europea è stata sempre dinamica e multiculturale», un fatto che bisogna tenere presente «per affrontare con consapevolezza sfide e difficoltà che ci stanno davanti», l’obiettivo infatti, ha detto ancora Parolin, è «trasformare le differenze non in conflitti ma in arricchimenti reciproci».

 

Il Cardinale ha ricordato ancora che le migrazioni «sono fonte di massicce violazioni dei diritti umani», mentre un altro tema toccato – anche da padre Lombardi che moderava l’incontro – è «l’indebolimento della protezione internazionale», inoltre «l’azione umanitaria oggi viene spesso scoraggiata» ha ricordato ancora l’ex direttore della Sala stampa della Santa Sede che ha aggiunto: «Quello che sta davanti a noi» per essere un futuro degno dovrà essere un futuro «in cui la cittadinanza non può essere escludente ma includente, accogliente».

 

Il Cardinale ha poi sottolineato come negli ultimi anni in realtà «i conflitti stanno riducendosi ma aumentano le vittime civili, si assiste a conflitti combattuti con totale indifferenza per la vita umana, i conflitti di oggi possono essere in numero minore ma hanno un impatto più profondo sulle popolazioni», in tal senso ha ricordato il caso della Siria dove uno «sconcertante 60% della popolazione pre-guerra ora è spostato» e proprio in relazione alla crisi siriana, la Santa Sede ha chiesto in modo particolare e ripetutamente «il rispetto del diritto umanitario» poiché sono stati costantemente colpiti e indiscriminatamente ospedali, scuole, edifici; una situazione che ha fatto crescere il numero di rifugiati.

 

«La prima preoccupazione – ha detto ancora Parolin – deve essere la pace, e questo è un compito tradizionale della Santa Sede la cui azione negoziale e diplomatica va in questa direzione», anche nelle situazioni di crisi più complicate.

 

Come nella vicenda del Venezuela «dove sebbene fossimo a conoscenza delle difficoltà la Santa Sede si è impegnata» per fermare il conflitto interno e peraltro, ha detto il Segretario di Stato, anche il paese sudamericano sta conoscendo il fenomeno dei profughi, molti vanno verso la Colombia e anche verso altre nazioni.

 

Tuttavia, ha rilevato Parolin, ci sono anche segni di speranza, fra questi «la crescente consapevolezza dell’interdipendenza fra gli Stati per affrontare temi come quello delle migrazioni», quindi i segnali di solidarietà e generosità che stanno emergendo, perché rimangono certo timori e paure ma c’è anche una diffusa generosità.

 

Il Segretario di Stato ha poi ricordato di essere stato di recente in Veneto dove ha pure incontrato alcuni sindaci. Questi gli hanno riferito delle paure e del rifiuto all’accoglienza da parte di varie comunità, sentimenti che sono stati però superati quando si è creata la possibilità di un incontro diretto, di uno scambio interpersonale. Il Segretario di Stato vaticano ha rilevato che quando «arrivano numeri elevati di profughi la gente ha paura perché non c’è contatto personale» per questo il modello cui fare riferimento è quello dell’«integrazione diffusa, dell’accoglienza diffusa».

 

Parolin si riferiva al modello che l’Italia sta provando a mettere in atto non riuscendo però ancora a realizzarlo in modo efficace, della distribuzione di piccoli gruppi di profughi e migranti nei tanti comuni delle penisola in modo da non gravare in modo eccessivo sulle singole comunità.

 

Del principio positivo dell’accoglienza diffusa ha parlato anche De Bortoli.

 

A margine dell’incontro, rispondendo ai giornalisti, Parolin ha spiegato che il prossimo mese di agosto andrà a mosca per una visita diplomatica di alto livello.

 

«Si sta vedendo se ci sarà una mia visita a Mosca – ha detto – in ballo da tanto tempo. Ora sembra che ci siano le condizioni perché possa realizzarsi. Penso che incontrerò anche il presidente Putin. Questa visita dovrebbe essere ad alto livello, con le autorità politiche e della Chiesa ortodossa».

Francesco Peloso (VaticanInsider)

Chiesa cattolica svizzera

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