In difesa della terra del Madagascar / GdP

Il fenomeno dell’accaparramento delle terre (land grabbing) da parte di investitori stranieri a danno delle popolazioni indigene è in espansione. La signora Mamy Rakotondrainibe, 65 anni, è venuta a parlare della situazione nel suo Paese, il Madagascar, che lei aiuta a distanza, dalla Francia, creando una rete di opposizione alle autorità politiche malgasce che permettono il verificarsi di queste situazioni. L’associazione di cui è presidente Mamy è sostenuta anche da Sacrificio Quaresimale. Mamy Rakotondrainibe, 65 anni,  è originaria del Madagascar, dove è nata e cresciuta. Il suo legame con l’isola è forte, anche se ha passato metà della sua vita in Francia, prima per compiere gli studi universitari, e più tardi per vivervi con la famiglia.

Tutta l’energia di questa ex insegnante, madre e nonna, è ora spesa nel denunciare i casi di land grabbing (accaparramento delle terre) nel suo Paese e nel sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale e la popolazione malgascia. «Mi sono accorta che dalla Francia si riesce a portare avanti meglio quest’opera piuttosto che in Madagascar», ci dice la signora Mamy, che in questi giorni è in Svizzera romanda per parlare del problema del land grabbing durante le serate organizzate nell’ambito della campagna «Terra fonte di vita, non di profitto» di Sacrificio Quaresimale e Pane per tutti (vedere-e-agire.ch). Mamy è la presidente del Collettivo per la difesa delle terre malgasce (TANY), un gruppo creato nel gennaio del 2009 per far fronte al caso Daewoo, quando la grande impresa sudcoreana aveva tentato di accaparrarsi 1,3 milioni di ettari di terre per produrre grano e olio di palma, con una concessione per 99 anni. Allora il malcontento popolare sfociò in proteste di piazza che hanno portato alla caduta del governo. Se all’epoca uno dei primi atti ufficiali del nuovo presidente eletto fu proprio quello di sospendere l’accordo stipulato con la Daewoo, non si può dire che ora le cose stiano andando meglio, anzi. «Il governo malgascio continua a parlare, all’estero, della disponibilità di terre nel Paese. In genere si tratta della  vendita o della cessione in affitto di terreni pubblici per almeno 18 anni, ma con contratti rinnovabili. I casi di accaparramento delle terre sono proseguiti». Mamy ricorda l’azienda italiana Tozzi Green che entro il 2019 vorrebbe realizzare piantagioni di jatropha per produrre agro-combustibili su 100mila ettari di territorio. «Il problema – spiega – è che questi terreni sono sottratti alla gente che prima vi faceva pascolare gli zebù, una fonte primaria di sostentamento per gli abitanti della regione».

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