Rami secchi

Il saggio ricorda: «Tagliare i rami secchi». E la riflessione, forse, vale per tanti ambiti (o forse valeva in tanti ambiti). Vi racconto questa storia. Lo scorso anno ho piantato, con mio figlio Gioele, di 5 anni, un piccolo acero giapponese nel nostro piccolo giardino. Di per se l’operazione non presentava molte difficoltà, l’alberello acquistato al vivaio era in piena forma, il terreno fertile, la stagione perfetta e con cura l’abbiamo innaffiato e concimato per diversi mesi. Alle soglie dell’autunno però qualcosa ci avvisava che questo acero giapponese non avrebbe «passato la nottata». Alcuni rami si erano rapidamente seccati e non solo aveva perso le foglie, senza farle diventare del suo normale colorito rosso autunnale, ma aveva anche piegato tutti i rami verso il basso. Il nostro acero giapponese purtroppo sembrava non dovesse farcela. Ero pronto a tutto anche a metterne uno nuovo nottetempo per non deludere mio figlio. Ma poi per pigrizia decisi di rimandare il giudizio, insomma la condanna a morte, alla primavera: tanto in inverno le piante vanno lasciate tranquille, è la stagione in cui la natura si riposa. Ora siamo quasi in primavera ed è già da qualche giorno, che l’acero giapponese mi ha dimostrato la sua forza di vivere e soprattutto la mia incapacità a valutare con serenità ciò che non mi appartiene, ciò che è della natura. Infatti come si può vedere dalla foto, piano piano, ha incominciato a mettere dei piccoli germogli. Se questo non è un nuovo inizio, una rinascita, beh poco ci manca. «Tagliare i rami secchi»: bene, credo che questo acero giapponese, la natura, abbiano molto da insegnare alla nostra umanità.

Chiesa cattolica svizzera

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