Un viaggio mancato di Giovanni Paolo II – Nella terra di Abramo

2017-02-14 L’Osservatore Romano
Nella prospettiva del grande giubileo del 2000 Giovanni Paolo ii desiderava ardentemente di andare a pregare nei luoghi più legati alla storia della nostra salvezza, che ha il suo vertice nell’incarnazione del Verbo di Dio. In particolare aspirava recarsi a Ur dei Caldei, patria di Abramo, sul Sinai, dove Dio diede a Mosè i comandamenti e strinse la sua alleanza con l’umanità, sul monte Nebo, dal quale lo stesso Mosè vide la terra promessa, e in Terra santa: Nazareth, Betlemme e Gerusalemme. Il Pontefice ebbe la gioia di visitare, in due viaggi compiuti rispettivamente nel febbraio e nel marzo del 2000, tutti i luoghi appena ricordati meno il primo, cioè Ur dei Caldei, che nel progetto papale rappresentava proprio il punto di partenza, da realizzare nel 1999, separatamente dagli altri.

Lo stendardo di Ur ritrovato in una tomba della città (2600-2400 a.C.)
Com’è noto, Ur dei Caldei, situata nel sud dell’Iraq a quindici chilometri da Nassiriya in una zona pressoché deserta vicina al delta dell’Eufrate, è il luogo da dove, secondo la narrazione biblica, Abramo partì, accogliendo la voce di Dio. Dell’antica Ur oggi esistono soltanto resti archeologici, che io visitai nel 1969. Ricordo che nella parte meridionale di questa località — i resti del palazzo reale e dei templi sono al centro e nella parte settentrionale — vi sono le tracce di un quartiere abitato e fra quei ruderi mi furono indicate le fondamenta di una casa che l’archeologo inglese Leonard Woolley, direttore degli scavi di Ur tra il 1922 e il 1930, aveva identificato come la «casa di Abramo». All’epoca del patriarca biblico, Ur era centro dell’antica civiltà sumerica e una delle prime vere città del mondo.

Abramo, insieme con la moglie Sara e il figlioletto Isacco, ubbidendo alla chiamata di Dio, partì da quella città verso la «terra promessa» per dare inizio a un nuovo popolo: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò» (Genesi, 12, 1-2) gli aveva detto quell’intima voce. E Abramo lasciò la sua casa e partì, come il Signore gli aveva ordinato, accompagnato dalla promessa di una grande discendenza: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle: così sarà la tua discendenza» (15, 5). Abramo ha creduto con fiducia — «con speranza contro ogni speranza» (Romani, 4, 18) scrive l’apostolo Paolo — ed è diventato il prototipo del credente, per la sua fede incrollabile nella parola di Dio.

Proprio per quanto il patriarca Abramo rappresenta per noi cristiani, Giovanni Paolo ii teneva molto a visitare Ur, per pregare in quel luogo carico di memorie storiche e per poter su quella terra riflettere sulle vicende e sulla straordinaria testimonianza di fede in Dio di quel grande personaggio biblico, veneratissimo anche da ebrei e musulmani.

Questa prima tappa, sognata e desiderata, si presentava però in quegli anni molto difficile.Guardando alle gravi e tristi vicende che da quella data, non lontana nel tempo, si sono verificate nel Medio oriente e nelle regioni vicine, viene spontaneo domandarsi se, dopo il viaggio mai realizzato, gli Stati Uniti avrebbero ancora deciso di attuare l’intervento militare in Iraq nel 2003, rovesciando, fiancheggiati dal Regno Unito, il regime di Saddam.

di Giovanni Battista Re

Chiesa cattolica svizzera

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