Papa Francesco, già l’8 febbraio 2017, ha esortato a pregare «per i nostri fratelli e sorelle rohingya, che sono cacciati dal Myanmar e che fuggono da un paese all’altro perché nessuno li vuole… Sono brave persone, non sono cristiani, sono gente pacifica, fratelli e sorelle nostri. È da anni che questi fratelli e sorelle soffrono, torturati e uccisi, semplicemente per portare avanti la loro fede musulmana».
Nel suo primo discorso pubblico sulla crisi del Rakhine, la leader democratica promette di perseguire «tutte le violazioni ai diritti umani e la violenza fuorilegge» e il ritorno dei fuggitivi. Dal 5 settembre non vi sono conflitti.
La situazione umanitaria in Myanmar «è catastrofica». Lo ha detto il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, incontrando ieri i giornalisti al Palazzo di Vetro di New York alla settantaduesima Assemblea generale delle Nazioni Unite.
L'Onu: «È pulizia etnica». Il delicato equilibrio tra la difesa dei perseguitati e la prudenza dei vescovi birmani, che chiedono a Francesco di non citare la minoranza musulmana nei discorsi ufficiali.
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