Lettera di Papa Francesco, a firma del card. Parolin, ai rappresentanti di vari Paesi, riuniti ad Addis Abeba, che partecipano al 30.mo summit dell'Unione Africana con il sostegno della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.
Cospicui raccolti di cereali stanno mantenendo le riserve globali di cibo, ma le siccità localizzate, le inondazioni e i conflitti che si protraggono hanno intensificato e perpetuato l'insicurezza alimentare.
Venti milioni di persone, in quattro Paesi, sono a rischio carestia, si tratta di: Yemen, Sud Sudan, Somalia e Nigeria. Il drammatico appello all’Unione europea e agli Stati Uniti, affinché intervengano con donazioni, è stato lanciato dal direttore del Programma Alimentare Mondiale, David Beasley, che ha chiesto un miliardo di dollari per salvare la vita di queste popolazioni.
Continua l’emergenza umanitaria in Somalia: sono 3,2 milioni le persone che hanno bisogno di aiuti alimentari; il tasso di malnutrizione generale nella regione è del 22%; quella acuta del 5%. «Il tasso di ammissione dei bambini con meno di cinque anni nei nostri programmi di nutrizione e salute è più che raddoppiato rispetto all’inizio dell’anno»: ha dichiarato Aurelie Fèrial, capo delle operazioni regionali di «Azione contro la Fame» dell’Africa orientale.
Il mondo è sempre più percorso da migranti in fuga da povertà estrema e guerre, spesso correlate tra loro. La fame però non è necessariamente una causa sufficiente per scatenare un conflitto armato.
Così si è espresso Papa Francesco davanti ai dipendenti del Programma Alimentare Mondiale (PAM), riuniti nel cortile della sede di Roma.
La guerra in Siria sta causando un numero di vittime mai raggiunto nella storia recente delle crisi umanitarie. Fra costoro, vanno annoverati non solo morti e feriti. Non solo profughi e sfollati. Ma anche tutti coloro che patiscono le conseguenze di una violenza irrefrenabile e arrivano addirittura a patire la fame.
30 organizzazioni della società civile svizzera esortano il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati a non risparmiare sulle spalle dei più poveri, e ad impiegare lo 0.7% del reddito nazionale lordo a favore della cooperazione allo sviluppo.
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