Meeting. Il Papa: «Pace e sicurezza minacciate, ma non bisogna aver paura dell’altro»

È il «dialogo», secondo Papa Francesco, il paradigma per far fronte a quest’epoca di sconvolgimenti. «Di fronte alle minacce alla pace e alla sicurezza dei popoli e delle nazioni, siamo chiamati a prendere coscienza che è innanzitutto un’insicurezza esistenziale che ci fa avere paura dell’altro, come se fosse un nostro antagonista che ci toglie spazio vitale e oltrepassa i confini che ci siamo costruiti», scrive il Pontefice nel messaggio di saluto per il Meeting di Rimini 2016.

L’evento di Comunione e Liberazione, giunto alla sua 37.ma edizione, si apre da oggi fino al 25 agosto sul tema «Tu sei un bene per me». Un titolo «coraggioso», afferma il Santo Padre nella missiva firmata dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e inviata al vescovo mons. Francesco Lambiasi. «Ci vuole coraggio» infatti per affermare che l’altro è un bene «mentre tanti aspetti della realtà che ci circonda sembrano condurre in senso opposto», osserva il Papa. 

«Troppe volte si cede alla tentazione di chiudersi nell’orizzonte ristretto dei propri interessi, così che gli altri diventano qualcosa di superfluo, o peggio ancora un fastidio, un ostacolo». Ma questo – assicura – «non è conforme alla nostra natura: fin da bambini noi scopriamo la bellezza del legame fra gli esseri umani, impariamo ad incontrare l’altro, riconoscendolo e rispettandolo come interlocutore e come fratello, perché figlio del comune Padre che è nei cieli». 

«L’individualismo» allontana dalle persone, avverte Francesco, facendo cogliere «soprattutto i limiti e i difetti» e «indebolendo il desiderio e la capacità di una convivenza in cui ciascuno possa essere libero e felice in compagnia degli altri con la ricchezza delle loro diversità».

Bergoglio pone dunque un quesito che suona più come una sfida: «Di fronte al cambiamento d’epoca in cui tutti siamo coinvolti, chi può pensare di salvarsi da solo e con le proprie forze?». È questa «la presunzione all’origine di ogni conflitto tra gli uomini». Al contrario il cristiano, sull’esempio di Gesù, «coltiva sempre un pensiero aperto verso l’altro, chiunque egli sia, perché non considera alcuna persona come perduta definitivamente». 

Lo insegna il Vangelo parlando del padre affacciato tutte le sere sale sulla terrazza sperando di veder ritornare il figlio, o i due ladroni che sulla croce sono guardati da Cristo «come creature di Dio bisognose dell’abbraccio che salva». O ancora lo stesso Giuda che «proprio mentre lo consegnava ai suoi avversari, si è sentito chiamare ›amico’ da Gesù».

«Come cambierebbe il nostro mondo se questa speranza senza misura diventasse la lente con cui gli uomini si guardano tra di loro!», esclama il Santo Padre. E ricorda che «c’è una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e soprattutto di testimoniare: dialogo. Scopriremo che aprirci agli altri non impoverisce il nostro sguardo, ma ci rende più ricchi perché ci fa riconoscere la verità dell’altro, l’importanza della sua esperienza e il retroterra di quello che dice, anche quando si nasconde dietro atteggiamenti e scelte che non condividiamo». 

«Un vero incontro – sottolinea Bergoglio – implica la chiarezza della propria identità, ma al tempo stesso la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro per cogliere, al di sotto della superficie, ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca veramente». In questo modo può iniziare quel dialogo che fa «avanzare nel cammino verso nuove sintesi che arricchiscono l’uno e l’altro». 

Questa è «la sfida» davanti alla quale si trovano tutti gli uomini di buona volontà. «Tanti sconvolgimenti di cui spesso ci sentiamo testimoni impotenti sono, in realtà, un invito misterioso a ritrovare i fondamenti della comunione tra gli uomini per un nuovo inizio» conclude il Papa. 

Che incoraggia i partecipanti al Meeting «a porre ogni attenzione alla personale testimonianza creativa, nella consapevolezza che ciò che attrae, ciò che conquista e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti, ma la mitezza tenace dell’amore misericordioso del Padre»,

Perché, come diceva don Luigi Giussani, citato nella lettera: «Lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra, in quanto glielo fa riconoscere partecipe di quel disegno la cui attuazione sarà compiuta nell’eternità e che in Cristo ci è stato rivelato».

L’esortazione è dunque «a continuare nell’impegno di prossimità agli altri, facendo a gara nel servirli con gioia».

Chiesa cattolica svizzera

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