Francesco: troppi pregiudizi sulla disabilità

«La Chiesa vi ama e ha bisogno di voi»: è il cuore del Messaggio di Papa Francesco, diffuso oggi, in vista della Giornata per le persone con disabilità, indetta dall’Onu nel 1992 e che si celebra il 3 dicembre. Proprio sull’amicizia con Gesù si concentra il testo: da lì si parte e lì si torna. Perché è il legame fondante di un’appartenenza che non delude, nonostante le fragilità che ognuno vive, anche la stessa Chiesa.

Gesù per amico è la più grande delle consolazioni

Il titolo del Messaggio riprende il versetto n. 15 del Vangelo di Giovanni, il riferimento è all’Ultima Cena e alla sottolineatura nella Christu vivit: Gesù non ci abbandona mai. «È un privilegio che abbiamo avuto in sorte e che diventa la nostra chiamata». 

Avere Gesù per amico è la più grande delle consolazioni e può fare di ognuno di noi un discepolo grato, gioioso e capace di testimoniare come la propria fragilità non sia un ostacolo per vivere e comunicare il Vangelo. L’amicizia fiduciosa e personale con Gesù può essere, infatti, la chiave spirituale per accettare il limite che tutti sperimentiamo e vivere in maniera riconciliata la propria condizione.

La Chiesa è la vostra casa

E’ il Battesimo a renderci «a pieno di titolo della comunità ecclesiale e dona a ciascuno, senza esclusioni né discriminazioni, la possibilità di esclamare: «Io sono Chiesa!». Quella Chiesa che «non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore, bisognosi del suo perdono», scrive il Papa. Da questo riconoscimento, l’invito, in cui si rimanda alla Lettera Ai fedeli di Roma.

Ognuno di voi è chiamato a portare il proprio contributo al percorso sinodale. Sono convinto che, se esso sarà davvero «un processo ecclesiale partecipato e inclusivo» la comunità ecclesiale ne uscirà realmente arricchita.

Ancora troppi stigmi nei confronti dei disabili

Francesco mette a fuoco la permanenza di discriminazioni verso le persone con disabilità che si sentono «trattati come corpi estranei alla società». Citando la Fratelli tutti, ricorda il rischio di considerarli separati dal resto del corpo sociale.

La discriminazione è ancora troppo presente a vari livelli della vita sociale; essa si nutre di pregiudizi, di ignoranza e di una cultura che fatica a comprendere il valore inestimabile di ogni persona. In particolare, considerare ancora la disabilità – che è il risultato dell’interazione tra le barriere sociali e i limiti di ciascuno – come se fosse una malattia, contribuisce a mantenere separate le vostre esistenze e ad alimentare lo stigma nei vostri confronti.

Inoltre, il Papa non manca di far riferimento alla «mancanza di attenzione spirituale» che talvolta pure «si è manifestata nel diniego di accedere ai Sacramenti». Il rimando qui è al Direttorio per la Catechesi laddove emerge in modo chiaro che non ci può essere nessuna forma di rifiuto.

L’affetto per chi soffre a causa del Covid-19

Nel Messaggio il Papa si sofferma sui disagi che ciascuno ha dovuto affrontare durante la pandemia e che hanno creato particolari scompensi al mondo della disabilità, già provato: le permanenze prolungate in casa, la didattica a distanza, i servizi non garantiti. Il pensiero va a chi opera nelle case di cura.

Soprattutto, penso a quanti di voi vivono all’interno di strutture residenziali e alla sofferenza che ha comportato la separazione forzata dai vostri cari. In questi luoghi il virus è stato molto violento e, nonostante la dedizione del personale, ha mietuto troppe vittime. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sono vicini in maniera particolare, con affetto e tenerezza!

La condizione di disabilità non sia «ostacolo all’accesso alle migliori cure disponibili», scandisce il Pontefice, mentre esprime apprezzamento per l’iniziativa di alcune Conferenze episcopali (cita quella di Inghilterra e Galles, e degli Usa) per chiedere il rispetto del diritto di tutti ad essere curati senza discriminazioni.

Nessuno così fragile da non poter pregare 

Francesco ricorda che tutti sono chiamati alla santità e che l’incontro con Gesù – come raccontato in tanti episodi biblici – trasforma profondamente la vita delle persone per intraprendere un percorso di testimonianza. Affida poi, in maniera speciale, la missione che nasce dalla preghiera, ricorrendo all’esempio di una maestra in contemplazione:

Santa Teresa d’Avila ha scritto che «in tempi difficili sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli». Il tempo della pandemia ci ha mostrato in maniera chiara che la condizione di vulnerabilità ci accomuna tutti: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme». Il primo modo di farlo è proprio pregare. Possiamo farlo tutti; e anche se, come Mosè, avremo bisogno di un sostegno (cfr Es 17,10), siamo sicuri che il Signore ascolterà la nostra invocazione.

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