Tra Santa Sede e Confederazione «il Ticino ha sempre svolto un ruolo di ponte»

Dopo una giornata, quella del 7 novembre, trascorsa in quelli che sono i luoghi del cuore dei fedeli svizzeri: il Flüeli-Ranft e l’abbazia di Einsiedeln, lunedì il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in visita in Svizzera in occasione del centenario della ripresa delle relazioni diplomatiche tra Confederazione e Santa Sede, si è recato a Berna, dove ha incontrato il capo del Dipartimento federale degli affari esteri, Ignazio Cassis (nella foto di cath.ch) per un incontro interconfessionale nello storico municipio cittadino, organizzato dalla Chiesa evangelica riformata in Svizzera e dalla Conferenza dei vescovi svizzeri. In quest’occasione i due uomini di Stato hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta per la promozione della pace, i diritti umani e il sostegno alle piattaforme per la promozione del dialogo, in particolare quello interreligioso. Nel pomeriggio, invece, all’Università di Friburgo il programma prevedeva la celebrazione ufficiale del centenario della ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Stati, con un convengo scientifico dal titolo «Svizzera e Santa Sede: una storia intensa, dal Medioevo all’impegno comune per la pace». Tra i relatori: Bernard Andenmatten dell’Università di Lausanne, Barbara Hallensleben dell’Università di Friburgo e Gianfranco Armando, dell’Archivio apostolico vaticano, per citarne solo alcuni. Ne abbiamo parlato con lo storico e ricercatore Lorenzo Planzi, organizzatore del convegno su incarico del Dipartimento federale degli affari esteri ed autore del volume in tre lingue «Il Papa e il Consiglio federale: dalla rottura del 1873 alla riapertura della nunziatura a Berna nel 1920», edito da Dadò e ufficialmente presentato in quest’occasione.

«Partendo dai motivi che hanno portato alla rottura dei rapporti tra Santa Sede e Svizzera» ci ha detto Planzi in riferimento al suo intervento «ho cercato di mostrare come è avvenuto il lavoro di «ricucitura» che ha portato a riallacciare i rapporti trai due stati. Ho poi voluto mostrare come nel ›900 i rapporti fossero sempre improntati alla pace. In particolare durante la seconda guerra mondiale, dove la Nunziatura di Berna era un centro importante per quanto riguarda l’aiuto agli ebrei (per aiutarli a fuggire verso il sud America) ma anche un centro di informazione e di sostegno per tutta l’Europa in guerra. Anche in anni più vicini a noi i rapporti tra i due Stati sono sempre stati positivi e questo lo si vede in particolare nella giornata del 6 maggio, tradizionalmente dedicata al giuramento della Guardia Svizzera dove è sempre presente un consigliere federale».
In questi mesi si è entrati nel vivo della questione di una rappresentanza diplomatica svizzera permanente presso la Santa Sede. Si è parlato anche di questo. «Durante il convegno abbiamo ripercorso la storia, ma con uno sguardo rivolto al presente. Certamente l’ambasciata sarà il coronamento di questi rapporti».
Rapporti in cui, nei secoli, anche il Ticino ha giocato un ruolo importante. «Sì, il nostro Cantone ha sempre svolto il ruolo di «ponte» tra Svizzera e Santa Sede. In particolare quando nel 1859 ci fu un problema con una nuova legge che proibiva ai vescovi di Como e Milano di esercitare la loro cura pastorale sul territorio. In quell’occasione la Sante Sede riuscì -affidandosi ad un giovane diplomatico- a risolvere la questione creando in Ticino un’amministrazione apostolica, che però dipendeva dalla diocesi di Basilea e nominando come primo vescovo, Eugenio Lachat».

Corinne Zaugg

Chiesa cattolica svizzera

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