Da Squid Game ai videogiochi violenti: quali regole per i nostri figli?

Ormai ovunque sta dilagando il dibattito, o meglio la polemica, sulla serie tv sudcoreana Squid Game proposta da Netflix che «racconta con immagini di violenza efferata, la storia di un gruppo di disperati, afflitti dai debiti impegnati in una serie di sfide dove chi perde muore». Nonostante la serie sia vietata ai minori di 14 anni, è diventata presto al centro dei giochi e delle discussioni dei ragazzini delle medie, ma anche dei bambini delle elementari, mostrando a tutti come il parental control sia da solo insufficiente a tutelare i più piccoli nell’uso dei device.

Ma non credo sia solo questione di parental control e di scelte educative: in casa nostra ad esempio non si è mai citato il titolo della suddetta serie, più per mancanza di interesse che per paure nascoste, eppure il figlio di 8 anni pochi giorni fa mi ha detto che a scuola i suoi compagni si divertivano a giocare a Squid Game e mi chiedeva di cosa si trattasse. Una richiesta che mi ha fatto pensare innanzitutto al fatto che più i figli diventano grandi più la sfida educativa diventa una faccenda che coinvolge tante figure che dovrebbero fare rete, ma che purtroppo ancora troppo spesso regna l’individualismo. Parlo di una rete educativa e pedagogica che comprenda gli altri genitori, ma anche gli insegnanti e tutte le figure che si approcciano ai nostri figli, persone con le quali trascorrono gran parte del loro tempo, che li vedono crescere e maturare, che conoscono le loro qualità, ma anche le loro debolezze. Se ognuna di queste figure facesse rete con l’altra, allora capiremmo che l’educazione non è un qualcosa di privato che si fa tra le mura di casa, ma che ogni adulto può sentirsi coinvolto in questa sfida quotidiana con l’obbiettivo di formare adulti consapevoli e responsabili che non si sentano conquistati da una finzione televisiva.

Mi piace molto la riflessione di Pellai su questo tema (vedi link in fondo all’articolo), all’interno della quale definisce gli adulti di oggi degli «adulti fragili» perché non sanno far prevalere le loro scelte sulle volontà dei figli: è quanto emerge anche in una qualunque classe elementare dove bambini di 6, 7, 8 anni si sentono liberi di giocare per ore a videogiochi violenti vietati per la loro età. Il parental control non basta se poi noi adulti ce ne laviamo le mani pensando che forse non succede nulla, che forse non c’è niente di male…

Ai seguenti link alcuni interessanti contributi sul tema:

Non solo Squid Game: quali responsabilità di chi produce e diffonde i contenuti? (puntofamiglia.net)

Alberto Pellai – BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA CHE GUARDANO «SQUID… | Facebook

https://www.stefaniagarassini.it/squid-game-ma-e-davvero-colpa-solo-dei-genitori/

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/blogsi/da-squid-game-ai-videogiochi-violenti-quali-regole-per-i-nostri-figli/