A Friburgo evento con il card. Parolin nella consapevolezza dei passi compiuti

L’interruzione delle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e il Vaticano, nell’Ottocento, a causa del Kulturkampf, è una pagina poco nota della storia svizzera. Poco studiata ma meritevole di attenzione è anche la ripresa di questi rapporti, nel 1920, su decisione del Consiglio federale e l’intervento di alcuni cardinali. Fu, tra l’altro, anche grazie all’Università di Friburgo e soprattutto per la collaborazione umanitaria durante la Grande guerra, su suggerimento del cardinale di Parigi, Léon Amette, che la Santa Sede riprese da parte sua i contatti con la Svizzera. L’intento era di ospitare in Svizzera feriti e malati. Fu, infine, grazie al consigliere federale Giuseppe Motta – allora presidente della Confederazione – che la nuova Nunziatura aprì i battenti a Berna. Da parte svizzera, bisognerà invece attendere il 1991 – a seguito delle discussioni tra il vescovo Haas e parte dei cattolici svizzeri sulla situazione nella diocesi di Coira – affinché il Consiglio federale decida di porre fine all’unilateralismo nelle relazioni diplomatiche, nominando a sua volta un ambasciatore in missione speciale presso la Santa Sede. Fino a quella data gli unici rappresentati elvetici a Roma erano di fatto le Guardie svizzere.

A distanza di cento anni dalla ripresa di questi rapporti, nuovi stimoli potrebbero favorire lo sviluppo ulteriore della cooperazione esistente tra i due Paesi. Per celebrare il centenario, sarà infatti in visita in Svizzera il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin. Il cardinale – che domani celebrerà una S. Messa pubblica nell’abbazia di Einsiedeln – prenderà parte, insieme al consigliere federale Ignazio Cassis, all’avvio ufficiale dei festeggiamenti, proprio lunedì 8, presso l’Università di Friburgo. Alle ore 15, verrà presentato il libro trilingue dello storico ticinese Lorenzo Planzi «Il Papa e il Consiglio federale: dalla rottura del 1873 alla riapertura della nunziatura a Berna nel 1920», pubblicato a Locarno nel 2020. Martedì seguirà invece il convegno «La Svizzera e la Santa Sede: una storia densa, dal Medioevo al comune impegno per la pace». Cinque le aree tematiche che verranno affrontate da esperti e ricercatori: «Dal Medioevo alla riforma», «La nunziatura di Lucerna», «Sociologia e teologia della coesistenza confessionale in Svizzera», «Un secolo di relazioni tra Svizzera e Santa Sede» e, nella tavola rotonda conclusiva, con la partecipazione del nunzio apostolico a Berna mons. Martin Krebs e l’ambasciatore Denis Knobel, «Diplomazia e sfide attuali».
La prima sessione guarderà, nello specifico, alla diplomazia apostolica a nord di Chiasso prima del Kultukampf. Fu, infatti, grazie all’intervento del cardinale meneghino Carlo Borromeo che alla fine del XVI secolo si insediò un Nunzio in Svizzera. Dal 1586 fino alla fine del XIX secolo il rappresentante del Papa abitava a Lucerna, considerata da Roma unica città svizzera degna di poter accogliere il suo rappresentante.
In conclusione, invece, si guarderà al futuro: è infatti di questi giorni la notizia che il Dipartimento federale degli affari esteri sta valutando la possibilità di inviare un ambasciatore svizzero residente stabilmente presso la Santa Sede. Le commissioni parlamentari a Berna hanno già dato il loro consenso e manca solo il consenso definitivo da parte del parlamento elvetico.

Mario Galgano,
relatore e moderatore al convegno friburghese «La Svizzera e la Santa Sede»

Chiesa cattolica svizzera

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