Il buongiorno mattutino

di Lavinia Sommaruga

Per due anni ogni mattina passavo da Piazza Arbarello, a Torino. Uno sguardo fugace agli alberi dei giardinetti e poi prendevo via della Consolata. C’era Mario che puntuale mi salutava e mi augurava buona giornata. Il mio passo deciso non mi ha permesso per tanto tempo di incrociare il suo sguardo. Ero troppo di fretta e presa dai miei pensieri. Fu lui a capire i miei ritmi poiché ormai frequentavo la piazza il mattino presto, per l’ora di pranzo poi per quella del caffè. La sera al mio ritorno lui non c’era più. Ormai la sua giornata se l’era guadagnata facendo il posteggiatore. I soldini che raccoglieva gli servivano per il toast e il caffè al bar, luogo dove incontrava la sua gente. Era autunno inoltrato, quando passando regolarmente dal luogo, mi decisi a soffermarmi per un breve saluto. Portava la beretta marinara blu. Dopo le lunghe giornate di nebbia, che avevano portato via le foglie ai rami dei platani, arrivò l’inverno con la sua aria gelida e Mario appoggiato al portone del palazzo che dava sulla piazza mi augurava sempre con calore buona giornata. Mi accorsi che questo caloroso saluto accompagnava i miei pensieri e intuì che contavo nella sua giornata. La confidenza nacque durante la primavera inoltrata quando capì che Mario sapeva leggere nel mio sguardo e nel mio cuore. Abituato a discutere e mediare le situazioni nella sua piazza, la sua vita sulla strada gli aveva permesso di acquisire tanta capacità all’ascolto e alla comprensione dell’altro. Ormai mi cercava al mattino e si preparava al nostro incontro sentendo già lontano i miei passi. Con il susseguirsi dei nostri brevi scambi sono nati momenti di risate e di lacrime di commozione. Scoprì un uomo colto, fine nei sentimenti. Con l’estate, cercavo il fresco sotto i platani. Mario venne solo qualche volta a scambiare due parole. Per pudore non si soffermava sulla panchina. Passarono i mesi e la nostra relazione si strinse. Non potevo girare in via della Consolata senza cercare il suo sguardo, affidare la mia quotidianità. Il suo buongiorno prolungato divenne piuttosto ricco di espressioni e d’incoraggiamento ad attraversare le difficoltà della vita. Dopo una mia confidenza l’incontro successivo si arricchiva di un detto, di una parola d’incoraggiamento o di un pensiero sul quale m’invitava a meditare e che aveva preparato nella sua intimità tra il rumore del traffico. Un giorno lo incontrai sul tram che da Porta Nuova va a Porta Palazzo. Mi cedette il suo posto con grande signorilità. Gli annunciai che sarei andata a vivere più in là nel quartiere e così ci salutammo con un grande silenzio commosso. Ancora oggi penso a Mario e al suo buongiorno mattutino: è un invito alla presenza di un incontro.

Chiesa cattolica svizzera

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