Lorenzo Planzi: «L’ambasciata svizzera in Vaticano, una decisione storica»

Il Consiglio federale, nella sua seduta del 1 ottobre, ha deciso di istituire, nella Città eterna, l’Ambasciata di Svizzera presso la Santa Sede, che si occuperà ugualmente dei rapporti con Malta e San Marino. Prossimamente saranno consultate le Commissioni della politica esterna del Parlamento, ma la decisione del governo è già felicemente storica, anzi rappresenta una svolta spettacolare, poiché sino ad oggi la Confederazione non ha mai aperto, a Roma, una rappresentanza diplomatica stabile presso il Vaticano. Come comprendere questa decisione voluta dal Consigliere federale Ignazio Cassis? La risposta sta nella storia, nei secoli, dei rapporti tra Svizzera e Santa Sede. Una Nunziatura a Lucerna esisteva sin dal 1586. Significativo è che si tratti della seconda rappresentanza diplomatica permanente nel territorio svizzero, dopo l’ambasciata di Francia a Soletta. Ma, durante l’Ottocento, i rapporti si fanno via via più difficili, a causa dei crescenti conflitti tra radicalismo politico e romanità cattolica. La rottura sopraggiunge nel contesto del Kulturkampf, quando il Consiglio federale decide, nella seduta del 12 dicembre 1873, la soppressione dei rapporti diplomatici. È soltanto nel novembre 1920, oltre un secolo fa, che le relazioni si riannodano ufficialmente, grazie alla tenacia del Consigliere federale ticinese Giuseppe Motta, che riesce a convincere i colleghi del Consiglio federale, di cui ben cinque sono di fede riformata, della necessità di riprendere il dialogo. Le basi sono poste in realtà già durante la Prima Guerra mondiale, quando una convergenza si opera tra la politica neutrale della Svizzera e quella imparziale della Santa Sede, sfociata in una fruttuosa cooperazione umanitaria. Il lavoro diplomatico condiviso da papa Benedetto XV e da Motta conduce in Svizzera, durante la guerra, ben 67.726 prigionieri malati e feriti – nell’ambito dell’opera di ospitalizzazione – e porta, nel novembre 1920, alla riapertura della Nunziatura a Berna. Il primo nunzio, mons. Luigi Maglione presentando le lettere credenziali al Consiglio federale, si confessa da lungo tempo «ammiratore del popolo svizzero nel cui carattere sono collegati la riflessione tedesca, lo spirito francese e la finezza di sentimento italiana». La diplomazia necessita, forse, di momenti di silenzio, come quello del post Kulturkampf tra Svizzera e Santa Sede, per ritrovare le ragioni profonde della sua identità. La fase d’interruzione fa capire, ad entrambe le parti, come la loro relazione sia davvero unica e preziosa. E q’uesto porta, nel Novecento, a rapporti diplomatici eccellenti. Dal 1991 è attivo un ambasciatore in missione speciale presso la Santa Sede e dal 2004 un ambasciatore in co-accreditamento da diverse città europee, da Praga a Lubiana. Momenti culminanti sono il giuramento annuale della Guardia Svizzera, nonché la visita di papa Francesco a Ginevra nel 2018, che non si stanca mai di invocare un’azione comune a favore della pace. Ed il coronamento di questo secolo di rinati rapporti ufficiali si ha con la recente decisione del Consiglio federale di aprire un’Ambasciata a Roma presso il Vaticano, fortemente voluta dal Consigliere federale ticinese Ignazio Cassis che – come Motta cento anni prima – è riuscito, con tatto e diplomazia, a convincere il governo di Berna della necessità di una maggiore cooperazione bilaterale con la Santa Sede. Questa svolta sarà fruttuosa per entrambe le parti, che sono unite da tanti cantieri aperti nel mondo e sul mondo, dalla promozione della pace allo sviluppo sostenibile, ma con sempre nel cuore la difesa dell’infinita dignità di ogni persona umana.

Lorenzo Planzi, storico dei rapporti tra Svizzera e Vaticano

Chiesa cattolica svizzera

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