Accompagnati per crescere. Ecco l’attesa dei giovani

La pandemia non molla la presa e le recenti informazioni sanitarie non lasciano intravedere orizzonti sereni. C’è chi per scelta o timore ha preferito rimanere in Svizzera  per le vacanze, ma anche grazie ai vaccini tante famiglie hanno ricominciato a viaggiare. Molti i giovani che hanno anche dedicato, generosamente, parte delle loro vacanze, come animatori, in colonie diurne e residenziali, permettendo così ai più piccoli di trascorrere alcune settimane all’insegna del divertimento e della condivisione. Ma, al di là di come si è vissuto il periodo estivo, è palpabile come l’inizio delle scuole ha segnato un po’ per tutti – studenti, docenti e famiglie – un cambio di ritmo e una ripresa dei contatti sociali, dando alle giornate quel senso di «normalità» profondamente desiderato. Dei giovani e  della scuola che riprende parliamo con Luca Botturi, docente e presidente della Fondazione San Benedetto che gestisce le scuole «Carovana» (dell’infanzia), «Piccolo Principe»  (elementare) e «Parsifal» (media) e con don Rolando Leo, docente e direttore dell’Ufficio Istruzione religiosa scolastica della diocesi di Lugano. «La scuola inizia ogni anno – ci dice Botturi – con dentro una promessa: segui e diventerai più grande, cioè diventerai un po’ di più te stesso, ciò che sei chiamato ad essere di buono e di bello. Senza questa promessa perché riaprire le scuole? Forse quest’anno ha prevalso un po’ di ansia per questa interminabile pandemia e per tutte le incertezze che comporta, ma in fondo agli occhi degli allievi  io vedo oggi la speranza che nella scuola scatti una scintilla di grandezza. Devo dire che quest’anno l’ho vista brillare anche negli occhi dei tanti docenti che ho incontrato nei giorni prima della scuola. Nessuno mi ha detto «uffa, si ricomincia». Ho invece percepito voglia di scoprire cosa questo anno ancora speciale (ma quale anno non è speciale?) ha in serbo per noi. Credo quindi che il primo compito della scuola sia di essere all’altezza della promessa di compimento e del desiderio di «diventare grandi» scritti nel nostro cuore. La prima attenzione deve essere quella di non annegare  nei  programmi e nei regolamenti questa promessa e questo desiderio, ma dare spazio e attenzione ai volti, ai talenti e anche ai problemi delle persone: allievi, docenti e genitori. Questo è quello che cerchiamo di mettere al centro nelle scuole della San Benedetto».
«I giovani – spiega  don Rolando Leo, – cercano giustamente anche un po’ di svago e l’estate appena trascorsa ha sicuramente aiutato in questo senso. Non possiamo nascondere che questa generazione   ha sofferto molto per la pandemia che lascerà un segno profondo soprattutto negli adolescenti. Ma anche negli universitari che hanno passato quasi due anni davanti ad uno schermo! Le statistiche ci dicono che molti studenti necessitano di un accompagnamento allo studio perché vivono uno stato di smarrimento. Il senso di incertezza e la mancanza di relazioni hanno ferito e segnato i cuori dei giovani e a volte, ma sono casi isolati, queste circostanze sono sfociate in rabbia e insofferenza».
«In questo tempo di pandemia – prosegue Botturi – la scuola è stata un po’ lo specchio della nostra vita, che nonostante tutto non si è fermata (e per fortuna la scuola ticinese non si è fermata!), ed è stata anche un sostegno per la vita comune. Forse abbiamo compreso  nuovamente quanto è importate la scuola per la società intera, non solo per i giovani. Mi sembra anche che i giovani, in maggioranza, capiscano i sacrifici che sono chiesti e rispettino  le misure che le autorità indicano. Non accettano invece di essere lasciati soli o che tutto venga ridotto alla sicurezza sanitaria. Ai giovani, come a tutti, non basta che la vita sia al sicuro perché valga la pena di viverla. L’anno scolastico che è iniziato riapre questa sfida, per tutti!».

di Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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