Matrimonio per tutti: sono tante le domande aperte

Saremo presto chiamati a votare sulla proposta legislativa riguardante il cosiddetto «matrimonio civile per tutti». Non è facile, nel nostro contesto culturale, comprendere perché un simile progetto possa sollevare tanti e così rilevanti interrogativi. Il principio, che viene di solito dato per scontato, è che il riconoscimento di una differenza comporti necessariamente una discriminazione. Così, continuare a riservare il termine «matrimonio» per l’unione tra l’uomo e la donna in vista della generazione e dell’educazione dei figli significherebbe perpetuare una situazione di ingiustizia nei confronti delle coppie dello stesso sesso, che oggi non possono avvalersi di una parte delle prerogative connesse al vincolo contratto da due persone di sesso diverso. Quindi, in prima battuta, si tratterebbe di riformulare la definizione di un termine convenzionale, per eliminare un’evidente disparità di trattamento tra cittadini del medesimo Stato.
Da qualsiasi parte ci si ponga, tuttavia, appare chiaro che non ci troviamo di fronte alla richiesta di un mero aggiustamento linguistico. Tutti, infatti, sono in grado di intuire che, dando lo statuto di matrimonio civile anche alle unioni dello stesso sesso, l’obiettivo in vista è quello del riconoscimento, per qualsiasi genere di coppia, del diritto alla genitorialità.

Lo scenario che si delinea è così quello non solo della possibilità di adottare, ma anche di ricorrere legittimamente a quegli interventi, esterni al legame coniugale medesimo, che si rendono necessari per avere figli in ogni situazione di infertilità.
Proprio su questo punto, il cambiamento legislativo sottoposto al voto del popolo svizzero solleva difficoltà ed esige una riflessione più approfondita e critica. Una volta recepito il termine di matrimonio per qualificare sia le unioni eterosessuali che quelle omosessuali, il dibattito su temi tanto delicati risulterà predeterminato, con implicazioni di non poco conto per il futuro della nostra civile convivenza. Le conseguenze implicite di un «matrimonio civile per tutti», infatti, non riguardano solo coloro che lo contrarranno. Inaugureranno un complesso di problematiche etiche, legate all’inizio della vita e alla dignità di ogni singola persona, ad oggi tutt’altro che elaborate e risolte.

Che cosa vuol dire per un essere umano nascere da un padre e una madre o crescere con genitori dello stesso sesso, che hanno voluto per lui questo tipo d’inserimento nella vita di relazione? Che cosa significa il riferimento al maschile e al femminile nella psicologia e nella biografia di un individuo? A quali modalità di concepimento si dovrà dare accesso, non in casi particolari, ma in generale, per assicurare la possibilità di avere figli nel caso di coppie sposate dello stesso sesso? Le vicende positive di singoli percorsi di coppie omosessuali, che, per ragioni diverse, si trovano già oggi a svolgere funzioni genitoriali, sono sufficienti per sgombrare il campo da ogni ragionevole dubbio sull’opportunità di una riforma così radicale del nostro attuale ordinamento familiare?

La Chiesa cattolica è oggi solo una componente della società complessa in cui viviamo. Non pretende di poter imporre a tutti la sua visione di famiglia e di matrimonio. Non si oppone al fatto che lo Stato, in maniera sempre più adeguata, assicuri anche alle unioni di persone dello stesso sesso l’opportuna tutela giuridica. Non può sottrarsi, però, al compito di far sentire la sua voce su ciò che le sta a cuore, ossia, ciò che alla luce della Parola di Dio le appare come autenticamente umano e irrinunciabile. Questo le impedisce di essere favorevole al progetto presentato. Certo, la sua competenza specifica riguarda direttamente il matrimonio celebrato per i fedeli come sacramento dell’unione dell’uomo e della donna in vista della generazione della vita, della custodia e dell’educazione dei figli. Tuttavia, di fronte a mutamenti culturali che vanno a toccare le condizioni stesse dell’ingresso nell’esistenza di nuovi esseri umani, la Chiesa sente l’impegno di richiamare tutti alla vigilanza responsabile, alla necessità di non comportarsi da padroni totalmente autonomi e indipendenti del proprio e dell’altrui destino, ma da servitori umili e attenti dell’immenso e inafferrabile mistero della vita.

Mons. Valerio Lazzeri, Vescovo di Lugano

I vescovi svizzeri esprimono la loro contrarietà al «matrimonio per tutti» (catt.ch)

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/matrimonio-per-tutti-sono-tante-le-domande-aperte/