Olimpiadi: uomini e donne e non solo record

Nel clima olimpico di questi giorni che non è solo strettamente sportivo perché purtroppo la pandemia che affligge il mondo, condiziona i Giochi di Tokyo, come guardare alle prossime due settimane? Lo sport di alto livello oggi, anche quello olimpico, è fortemente condizionato dall’economia e dagli sponsor con la conseguente esaltazione infinita della vittoria. Certo, il mondo dello sport a questo livello non può che fare i conti con la mediatizzazione e la sponsorizzazione che cercano spettacolo e record. Va bene così, ci sta, questa è la realtà, questo è lo sport di competizione ad alti livelli. Pensare ad alternative sarebbe percorrere una strada lastricata da belle e buone utopie. Eppure… eppure oltre il goal (siamo spettatori reduci dagli Europei), oltre alla prestazione riuscita o non riuscita che sia, cosa cercare in questi Giochi? Se riduciamo il messaggio alla sola performance, certo abbiamo tantissimo ma non tutto e poi, si tratta di capire cos’è la performance. La lezione arriva dai recenti Europei di calcio. A Wembley sono fioccati fischi e insulti nei confronti di Marcus Rashford, il calciatore inglese che ha sbagliato l’ultimo rigore facendo perdere all’Inghilterra la finale. Eppure questa «sconfitta» ha fatto accendere i riflettori su qualcosa che altrimenti non avremmo scoperto: Marcus Rashford, 23 anni, nato a Wythenshawe, nell’area metropolitana di Manchester, è un campione di volontariato e non solo. Durante la pandemia Marcus con i suoi collaboratori ha raccolto circa 3 milioni di pasti per le persone in difficoltà e il suo libro dedicato ai bambini «You’re a champion» è un best seller in tutto il Paese. Un libro «motivazionale» per trovare autostima e determinazione sin da quando si è piccoli. Marcus ha chiesto scusa per il rigore sbagliato, precisando però, lui che è di colore ed è stato bersagliato da insulti razzisti: «Non chiederò mai scusa per quello che sono e da dove vengo». La prestazione conta nello sport, ma non è tutto: c’è la persona. Marcus lo ricorda bene: oltre il goal, vale la sua vita. Sognare delle Olimpiadi «a passo d’uomo e di donna» è allora credere che storie come quella del volontariato di Marcus ci sono e sarebbe bello sentirle raccontare non perché accade l’incidente di un goal sbagliato e allora si va a scovare per caso la sua vicenda personale, ma perché, oltre la prestazione, o a partire da quella, una vita fiorisce in tante altre iniziative. Non deve però cadere il mito della vittoria. Quello resta, è storicamente «olimpico» anche se il barone De Coubertin forse non sarebbe immediatamente d’accordo, ma prima di lui lo sono forse coloro che inventarono i Giochi Olimpici, nell’Antica Grecia. Ma, però, chi è il vincente nello sport? Chi si mette una medaglia al collo? Luis Enrique, allenatore della Spagna sconfitta dall’Italia nella semifinale agli Europei, si è complimentato con i vincitori. Uscito dal lutto grande per la perdita di una figlia di pochi anni, forse capisce più di tutti il vincente nello sport e nella vita chi è: colui che si impegna fino in fondo con la realtà. Questo è il vincente. Nello sport una lettura di questo tipo ti fa rispettare l’avversario, riconoscendone le capacità e la bravura. Vince, certo, chi taglia il traguardo per primo, ma è vincente e campione anche chi arriva dietro se si è impegnato fino in fondo e poi con fairplay riconosce il valore dell’altro. Scuola di limite, di disciplina, di impegno, di bellezza, di gioia, di affermazione della vita, lo sport, oltre la medaglia, ci porta a conoscenza di tante belle storie di uomini e donne del nostro tempo, ci fa sognare e perché no, ci mostra il grande valore dell’impegno con la realtà, medaglia o non medaglia che sia. Non dimentichiamolo! 

Chiesa cattolica svizzera

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