Un breve viaggio «da ovest a est» nella storia laica e religiosa retica

Un viaggio nella storia dapprima secolare e poi cristiana di Coira, dal IV secolo sede vescovile. Lo si può compiere visitando la Cattedrale e il suo museo inaugurato in un’ala del palazzo vescovile, a fine agosto 2020.

La riapertura, dopo il trasferimento provvisorio di parte dei capolavori al museo retico a seguito dei lavori di restauro della cattedrale di Coira, è però un po’ sfuggita all’interesse generale perché purtroppo ha coinciso con il trascorso e travagliato anno pandemico. Sono due i gruppi di oggetti che si possono visitare in quello che a turisti e pellegrini viene proposto come un vero e proprio itinerario culturale e spirituale: il Tesoro vero e proprio della Cattedrale e l’interessante ciclo di pitture murali del 1543 legate alla morte. La varietà di oggetti appartenenti al Tesoro della Cattedrale di Coira consente di dividere la mostra al piano terra in diverse aree tematiche. In modo del tutto simile al camminare all’interno di una Cattedrale da ovest ad est, c’è l’incontro con un crescendo di contenuti.
Si parte dall’area secolare, per poi scoprire la storia della diocesi di Coira, che ha circa 1600 anni ed è la più antica ancor oggi abitata sede vescovile a Nord delle alpi. Nella tesoreria vera e propria della Cattedrale si ammirano le preziose suppellettili liturgiche utilizzate nei secoli per la Santa Messa. Tra i pezzi da ammirare, proveniente dalla chiesa di San Vittore c’è la magnifica statua lignea di San Giovanni Battista, del 1505. Il clou del percorso è infine rappresentato dal tesoro delle reliquie della Cattedrale che, tra arte, storia e devozione, permette anche un incontro con i Santi venerati in terra retica.
Si rivisitano così, attraverso i magnifici reliquiari del XIV, XV e XVI secolo, San Luzius patrono di Coira, evangelizzatore di queste terre nel V e VI secolo, San Florino, predicatore ed eremita del VII secolo, nato in Val Venosta che visse e operò a Ramosch nella Bassa Engadina e San Placido, santo retico del VII secolo, all’origine con il monaco Sigisberto, del luogo di vita cenobitica da cui successivamente nacque l’abbazia benedettina di Disentis. Il reliquiario di San Luzius è stato realizzato intorno al 1499 dall’orafo Hans Schwartz di Costanza e rappresenta, insieme al busto gotico del Santo engadinese Florin, uno dei pezzi più spettacolari del museo. Non mancano pure alcune sante ricordate dai loro reliquiari, segni di grande devozione medievale: la sorella di Luzius, santa Emerita e Sant’Ursula. Nel V-VI secolo Emerita, secondo una tradizione, avrebbe annunciato il Vangelo nella Rezia curiense settentrionale, morendo poi sul rogo nei pressi di Trimmis. Ancora assente dalla Vita di S. Lucio del IX sec. ma venerata da fonti liturgiche dell’XI e XII sec. come «vergine e martire», nel 1295 è citata quale compatrona della chiesa di S. Lucio a Coira. Il magnifico reliquiario dedicato ad Emerita, risalente al XV secolo e quello di Sant’Ursula del 1407 (con data incisa sullo zoccolo), completano la prima parte del percorso.

Le 25 tavole del ciclo di immagini sulla morte

Una delle 25 tavole del ciclo di immagini sulla morte risalente al 1543.

Il secondo momento della visita al museo della Cattedrale di Coira è dedicato al «Ciclo di immagini di morte» del 1543. Per evitare di suscitare possibili ansie nei lettori, va chiarito che si tratta di un itinerario culturale di altissimo livello, risalente alla tradizione medievale. Il ciclo di 25 pannelli con le immagini della morte si riferisce all’antica tradizione delle danze di morte o «danze macabri», nelle quali la morte era rappresentata nella forma di una danza tra uomini e scheletri. Le immagini di Coira risalgono alla serie di xilografie di morte di Hans Holbein il Giovane (1497 – 1543), pittore e incisore tedesco. I pezzi esposti sono le prime copie in gran formato di piccole stampe precedenti il 1526 e rappresentano il più antico ciclo completo della tradizione medievale delle danze della morte in Svizzera, sopravvissuto fino ad oggi. Le immagini mostrano, secondo la tradizione medievale, gli incontri della gente con la morte, a partire dall’irruzione (secondo le letture bibliche) della stessa nella storia umana nell’episodio del peccato originale di Adamo ed Eva.
La morte da allora si fa compagna di viaggio, secondo questa interpretazione, della vita di tutti ed essa è raffigurata, nei diversi pannelli, a «danzare» con ogni uomo, papa, imperatore, vescovo, nobile, mercante, contadino, anziano o bambino che sia. In questi artefatti c’è insieme un forte senso simbolico accompagnato anche da un tratto satirico che non va perso mai di vista. Nella tradizione di questi cicli pittorici che sono presenti in forme diverse nell’iconografia medievale, all’apparente vittoria della morte che comunque non intimorisce il cuore dei virtuosi, succede il giudizio di Dio.

Da maggio a ottobre 2021 la mostra è aperta da martedì a domenica, ore 11-17.

Cristina Vonzun

Chiesa cattolica svizzera

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