La bella storia dell’ex guardia Lorenzo Merga, al servizio di tre pontefici

Una sorprendente carriera quella del ticinese Lorenzo Merga, anno di nascita 1976, oggi marito e padre, che dopo la maturità alla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona e terminata la scuola reclute, nel 1995, è entrato nella Guardia Svizzera Pontificia, dove è rimasto per ben 23 anni. Nel 2010 è stato inoltre il primo ticinese a essere nominato ufficiale, con il grado di capitano, per poi assumere quello di maggiore nel 2013. Rientrato in Ticino nel 2018 con la famiglia, attualmente è coordinatore del Gruppo Prevenzione e Negoziazione presso la Polizia cantonale ticinese.

«Tutto è scaturito – ci racconta Lorenzo – dalla mia appartenenza al gruppo giovani della parrocchia di Monte Carasso, mio luogo d’origine. Il parroco di allora mi chiese se non avessi mai pensato di fare la guardia svizzera. Siccome ero ancora titubante se intraprendere gli studi universitari di economia o di diritto, partecipai ad una serata informativa, a Losone, per capire meglio la vita e i compiti che svolgevano quelle persone in uniforme colorate che risiedevano a Roma, nel cuore della cristianità. Mi dissi che a 19 anni poteva essere una bella esperienza in un contesto ecclesiale, il Vaticano, unico al mondo. Così, nel 1995,partiiconl’ideadirimaneredue anni. Invece le cose sono andate diversamente, perchéhotrovatol’esperienza, in quel micro-mondo svizzero al servizio del Papa, molto interessante ».

«Con coraggio e fedeltà», questo motto accompagna, da oltre 500 anni, chi si arruola nella Guardia svizzera. La cittadinanza elvetica e la fede cattolica sono dei requisiti fondamentali. «È necessaria – afferma Lorenzo Merga soprattutto un’apertura di cuore. Ho incontrato molti giovani che nell’esperienza della Guardia hanno fatto un bel cammino spirituale. La fede èunpuntod’unitàchepermettedi superare le differenze culturali, a volte molto marcate, tra le diverse «anime» della Svizzera».

Al momento dell’ingresso nel Corpo Pontificio il candidato deve essere celibe. Per potersi sposare la guardia deve avere almeno 25 anni, aver prestato servizio per almeno cinque anni ed impegnarsi a servire per minimo altri tre anni. «Mettere su famiglia» è dunque una scelta non facile ma che può regalare momenti ricchi di emozioni. «Bisogna avere ben presente che le esigenze del servizio – ci spiega Lorenzo Merga – vengono sempre prima. È necessario chiarire questo aspetto con la propria consorte fin dall’inizio. Mi ha aiutato molto condividere con mia moglie la fede, che è stata la base su cui creare maggiore unità tra noi. Crescere la famiglia nel contesto della Guardia presenta non solo sacrifici ma anche aspetti positivi, soprattutto per i bambini. Il Vaticano e il cortile d’onore della Guardia sono un’isola felice dove i figli possono muoversi liberamente senza pericolo. È stato arricchente collaborare con i cappellani che si sono susseguiti negli anni e con le altre famiglie delle guardie si è instaurato un clima di intensa amicizia e condivisione. Mia moglie, ad esempio, si è occupata con entusiasmo della preparazione alla Prima Comunione di diversi bambini».

In Vaticano, Lorenzo Merga è stato al servizio di tre Papi: san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. «Wojtyla è stato il «mio» Papa, ho giurato durante il suo pontificato. Quando l’hoconosciutoeragiàanziano.Mi rimangono impressi i suoi sguardi che lasciavano intravvedere il suo animo profondo. Ratzinger lo conoscevamo già da cardinale, perché veniva a celebrare la messa per noi. Una persona intellettualmente preparatissima con un animo umile e delicato. È stato bello poterlo servire anche come Papa. Francesco ha cambiato tante dinamiche, come il fatto di non voler risiedere nel Palazzo apostolico ma alla Casa Santa Marta, il che ha creato non pochi problemi di sicurezza anche a noi della Guardia, soprattutto per quel contatto ravvicinato che cerca costantemente con la gente. A me questa sua semplicità e immediatezza nei rapporti ha creato inizialmente dell’imbarazzo. Con il tempo ho potuto conoscere da vicino il suo carisma di pastore che ama stare con le sue pecore».

di Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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