Commento a testi biblici e coranici a cura di Renzo Petraglio

« Eravate nemici e vi siete ritrovati fratelli » (Sura 3,103)

Ramadân 2021: quarta settimana

Siamo alla quarta e conclusiva settimana del Ramadân 2021. E, durante questa settimana, voglio riflettere su un versetto della terza sura del Corano. Questa sura, a motivo di una persona che la sura menziona nei versetti 33 e 35, porta il titolo «La famiglia di ›Imran». E questo personaggio, chiamato anche ›Amran, è il papà di Mosè e di Aronne1 (cf. Esodo 6,20).

Secondo molti commentatori, questa sura è stata rivelata l’anno 9 dell’egira, dunque l’anno 631 dopo Cristo. È a questo momento che, dallo Yemen, arriva a Medina una delegazione cristiana – composta da professori, teologi e nobili – guidata dal loro vescovo. Lo scopo della loro visita era una presa di contatto con Muhammad per informarsi della sua missione e dei rapporti di essa con il cristianesimo. E, durante il loro soggiorno, i cristiani poterono celebrare, evento davvero notevole, la loro eucaristia nella moschea stessa del Profeta2.

Di questa Sura, ecco una traduzione del verso 103:

Afferratevi tutti insieme alla Fune di Dio e non dividetevi. Ricordatevi del favore che Dio vi ha elargito: eravate nemici [gli uni degli altri] ed Egli ha unito i vostri cuori e voi – per grazia sua – vi siete ritrovati fratelli. Voi eravate sul bordo di un abisso di fuoco ed Egli vi ha salvato. Così Dio vi spiega i Suoi Segni nella speranza che voi vi lasciate guidare (Sura 3,103)3.

Questo versetto si apre menzionando la «Fune di Dio». E questa espressione è un’immagine per evocare «il Corano», rappresentato come «il libro di Dio, che si estende dai cieli alla terra»4. Invece, per altri commentatori, la «Fune di Dio» è un’immagine per evocare «la fede» che unisce i credenti a Dio5. Quanto al secondo imperativo della stessa frase, si tratta di un invito pressante: «non dividetevi» o «non separatevi». Noi dobbiamo quindi evitare ogni separazione. I commentari del Corano evocano i conflitti, conflitti menzionati nei versi 99 e 100 di questa medesima Sura, conflitti tra un gruppo di ebrei e un gruppo di musulmani di Medina.

In questo stesso versetto, le frasi successive vanno al di là di ogni esperienza conflittuale ed evocano il progetto globale: la riunificazione della comunità umana tutta intera, riunificazione della quale un segno si può vederlo nell’incontro tra i cristiani venuti dallo Yemen e i musulmani di Medina. Questo incontro è stato un segno. Ma il progetto di Dio concerne gli umani di ogni generazione. Anche per noi oggi vale l’affermazione: Dio «ha unito i vostri cuori e voi – per grazia sua – vi siete ritrovati fratelli». Ogni incontro e ogni riunione che ha avuto luogo nel passato è un segno che Dio ci dona. Ed è così che «Dio vi spiega i Suoi Segni nella speranza che voi vi lasciate guidare».

Tra questi Segni di «unificazione fraterna» che Dio ha compiuto, una testimonianza l’abbiamo nella lettera di Paolo a Filemone. Filemone era un membro importante della comunità di Colossi 6, una città del sud-ovest dell’attuale Turchia. Filemone aveva uno schiavo: Onesimo. E questo schiavo – caso per nulla raronell’antichità7 – aveva preso la fuga. Dopo essere fuggito, Onesimo si è rivolto a Paolo, che era in prigione probabilmente a Efeso8. E, grazie a Paolo, Onesimo diventa cristiano e si mette a servire Paolo in prigione. La relazione tra lo schiavo fuggitivo e l’apostolo si fa molto intensa al punto che Paolo adesso può parlare di Onesimo affermando: egli « è [come] le mie viscere »9. E questa esperienza cambia la vita di Onesimo: egli decide di abbandonare la sua condizione illegale di schiavo in fuga e di tornare dal suo proprietario Filemone. E Paolo, per incoraggiare questo ritorno, scrive per lui una lettera di raccomandazione10, la «Lettera a Filemone», la lettera che Onesimo presenterà, ritornando, al suo padrone.

Ecco una piccola sezione di questa lettera:

9bIo, Paolo, vecchio e ora anche prigioniero di Cristo Gesù, 10ti prego per il mio figlio, colui che ho generato nelle catene, Onesimo. 11Un tempo egli ti è stato inutile, ma ora è ben utile: a te come a me. 12Te lo rimando, lui che è [come] le mie viscere. 13Io volevo trattenerlo presso di me, perché mi servisse al posto tuo nelle catene [che porto] a causa del Vangelo; 14ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché il bene che farai non sapesse di costrizione ma fosse spontaneo. 15Forse, infatti, [Onesimo] è stato separato da te solo per un momento, perché tu lo riavessi per sempre; 16non più però come schiavo ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo. In primo luogo a me ma quanto più a te sia nella sua condizione umana sia come [una persona che vive] nel Signore (Filemone 9b-16).

In questi versetti, Paolo sottolinea la nuova identità di Onesimo: adesso Onesimo è «mio figlio, colui che ho generato nelle catene» (v. 10); Onesimo è anche «un fratello carissimo» (v. 16). E questo cambiamento tra Onesimo e Paolo deve provocare un cambiamento, un cambiamento radicale, anche tra Onesimo e il suo padrone Filemone: «Forse, infatti, [Onesimo] è stato separato da te solo per un momento, perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo» (vv. 15-16). Paolo chiede dunque a Filemone di considerare Onesimo come un fratello, non solo nella fede, ma anche rinunciando a punirlo, come il diritto romano lo autorizzava11.

Un’ultima osservazione. L’avvenire nuovo che si prepara per Filemone e Onesimo è diventato possibile … perché Onesimo era fuggito, letteralmente perché Onesimo «è stato separato da te solo per un momento» (v. 15). E, attraverso l’impiego del verbo passivo «è stato separato», Paolo evoca indirettamente l’azione di Dio12: Filemone, tu avevi uno schiavo; ebbene, attraverso la sua decisione di prendere la fuga, Dio è intervenuto per rendere possibile, tra Onesimo e te, una relazione nuova, una vera fratellanza!

È il momento di terminare. La sura e la lettera a Filemone ci invitano ad aprire gli occhi sulla nostra vita, per scoprire e per intensificare le nostre relazioni fraterne. In queste situazioni che ci capitano giorno dopo giorno c’è il piano di Dio che vuole che noi diventiamo fratelli. Ecco ciò che Dio ci prepara, per oggi e per domani e «per sempre».

1 Cf. M. Chebel, Dictionnaire encyclopédique du Coran, Fayard, Paris 2009, p. 216, alla voce «›Imran».

2 Così Si Hamza Boubakeur, Le Coran. Traduction française et commentaire, Maisonneuve & Larose, Paris 1995, p. 201.

3 Per il lessico di questo versetto e per la sua traduzione cf. M. Gloton, Une approche du Coran par la grammaire et le lexique. 2500 versets traduits – lexique coranique complet, Albouraq, Beyrouth 2002, p. 322, § 0293.

4 Questa formulazione, che riprende un detto del Profeta, è citata in Il Corano, a cura di Alberto Ventura. Commenti di Alberto Ventura, Mohyddin Yahia, Ida Zilio-Grandi e Mohammad Ali Amir-Moezzi, Mondadori, Milano 2010, p. 470, nel commento al v. 103.

5 Cf. Si Hamza Boubakeur, Le Coran, p. 251.

6 Cf. M. Bocian, Personaggi della Bibbia, Edizioni PIEMME, Casale Monferrato (AL) 2006, p. 188s, alla voce «Filemone».

7 Cf. R. Penna, Lettera ai Filippesi; Lettera a Filemone, Città Nuova, Roma 2002, p. 166. Cf. anche Seneca che, a proposito degli schiavi che fuggono, scriveva: «Niente d’insolito, niente d’inatteso» (Epistole 197,2). Cf. K. Wengst, Lettera a Filemone. Traduzione, introduzione e commento, Paideia, Brescia 2008, p. 37.

8 Cf. R. E. Brown, Que sait-on du Nouveau Testament?, Bayard, Paris 2000, p. 553s. Cf. anche R. Manes, Lettera a Tito. Lettera a Filemone. Introduzione, traduzione e commento, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2011, p. 73.

9 Per questa affermazione che leggeremo nel verso 12, cf. R. Penna, R. Penna, Lettera ai Filippesi; Lettera a Filemone, p. 184.

10 G. Barbaglio, Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi, 1985, p. 202. Qui Barbaglio accosta la lettera a Filemone a quella di Plinio il giovane (Epistulae, 9,219) che invita un amico a riaccogliere uno schiavo fuggitivo.

11 Cf. La Bible. Notes intégrales. Traduction œcuménique TOB, Cerf – Bibli’O, Paris – Villiers-le-Bel, 2011, p. 2609, nota al v. 16. Per altri dati in relazione alla punizione di uno schiavo fuggitivo, cf. K. Wengst, Op. cit., p. 42s.

12 Cf. G. Barbaglio, Le lettere di Paolo. Traduzione e commento. Volume 2, Borla, Roma, 1980, p. 646, nota 13.

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/blogsi/commento-a-testi-biblici-e-coranici-a-cura-di-renzo-petraglio/