GMG Svizzera, il vescovo De Raemy: «Giovani, non mettete in pausa la fede!»

di Gioele Anni

Dici «Giornata della gioventù» e pensi ai grandi raduni di giovani cattolici: dalle edizioni mondiali, intuizione di Giovanni Paolo II, agli eventi locali riproposti in ogni nazione. Nel 2021 della pandemia, la Pastorale giovanile ha scelto di non cancellare la ‘GMG elvetica‘ prevista tra il 23 e il 25 aprile. Doveva essere un raduno in presenza a Berna, sarà invece un evento online diffuso. Nella capitale rimarrà la ‘centrale operativa’ mentre i giovani si riuniranno a gruppi nelle proprie città, per connettersi con i vari momenti del programma: catechesi e testimonianze, ma anche momenti di spiritualità e concerti. Una modalità inedita che presenta anche delle opportunità. Ne è con-vinto il vescovo Alain De Raemy, 62 anni, ausiliare nella diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo e delegato della Pastorale giovanile all’interno della Conferenza dei vescovi svizzeri.

Monsignor De Raemy, qual è il messaggio principale della prossima GMG Svizzera?

Il motto della Giornata è un versetto degli Atti degli Apostoli, capitolo 26: «Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto». Vogliamo riflettere su come i giovani possano essere testimoni della propria fede all’interno della realtà quotidiana.

Quali sono le caratteristiche di questa realtà?

I ragazzi vivono in una società largamente liberale e relativista: tutto sembra possibile, tutto si può fare, quasi senza limiti, tutto può diventare «credibile» ai loro occhi. Non è facile in questo contesto maturare una fede precisa in Cristo, e raccontare la gioia di appartenere ad una Chiesa cattolica che viene spesso criticata.

Perché allora vale la pena di credere?

Il cristianesimo apre una prospettiva di senso: aiuta ad amare Dio, gli altri e anche se stessi, in preparazione alla vita piena in Dio. Si può essere tentati di crescere guardando solo alle prospettive di successo, di guadagno, di benessere personale: ma tutto questo non porta alla felicità vera e definitiva. La chiave si trova nel dono di sé, provocato dalla scoperta dell’Amore di Dio per noi.

Avete insistito perché la GMG si svolgesse, anche se a distanza. Perché?

Per incoraggiare i giovani, che nella pandemia ricevono tanti segnali di sconforto. Divieti e limitazioni li rattristano, noi vogliamo dire che la vita continua e che non bisogna «mettere in pausa» le cose importanti: la fede è decisamente tra queste.

L’ultimo anno ha messo a dura prova i giovani. Crescono le richieste di aiuto psicologico, recentemente si sono verificati episodi di violenze. La Chiesa si mette in ascolto di questo disagio?

Dobbiamo riconoscere che raggiungiamo più facilmente chi è già attivo in parrocchia, mentre fatichiamo a intercettare i ragazzi che non frequentano i nostri ambienti. Con la pandemia sono state sospese tante attività che permettevano di creare occasioni d’incontro più informali, come ad esempio i campi scuola. In futuro dovremo formare sempre più operatori pastorali capaci di avvicinarsi ai giovani con gratuità, per ascoltarli e aiutarli a fare discernimento. Saremo chiamati a delle scelte in questa direzione, e bisognerà puntare sempre più sulla formazione dei laici.

Lei riesce a incontrare i giovani della sua diocesi?

Come vescovo mi relaziono principalmente con i cresimandi, ragazzi adolescenti. Abbiamo una bella tradizione: mi scrivono una lettera confidenziale, spesso dei veri e propri tesori rispetto a quello che stanno vivendo. Capita che dopo la Cresima, o in altri momenti come appunto le GMG, quegli stessi ragazzi vengano a cercarmi per continuare a confrontarsi.

Nel 2018 ha partecipato a Roma al Sinodo su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». A distanza di oltre due anni, che cosa è rimasto di quella esperienza?

Direi soprattutto la necessità di coinvolgere i giovani, perché non c’è un momento preciso in cui si diventa capaci di annunciare il Vangelo: ciascuno lo può fare nelle condizioni di vita in cui si trova, mettendo in gioco la propria libertà e la propria coscienza. E poi il tema dell’accompagnamento spirituale, a cui ho già fatto riferimento. La Chiesa ha una tradizione immensa: da Sant’Ignazio a don Bosco, da San Francesco di Sales a San Benedetto. A volte non siamo in grado di sfruttare questo patrimonio.

Cosa si sente di dire ai giovani e ai loro educatori, in questo tempo di prova per tutti?

Il grande messaggio che Papa Francesco ha scritto nel capitolo quarto di Christus Vivit, l’esortazione apostolica che ha seguito proprio il Sinodo dei giovani: Dio ci ama, Cristo ci salva, la sua grazia è attiva nel mondo. A questa certezza ci dobbiamo attaccare, anche nei momenti difficili.

A questo link il programma della GMG: Una Chiesa che passa dal monitor: il programma della GMG Svizzera (catt.ch)

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/gmg-elvetica-il-vescovo-de-raemy-giovani-non-mettete-in-pausa-la-fede/